Ludovico Ariosto (Reggio Emilia 1474 - Ferrara 1533) deve la sua fama all’Orlando furioso, il poema in cui racconta in modo completamente nuovo le antiche vicende del mondo cavalleresco. Ariosto attinge temi e personaggi dalla tradizione – gli scrittori classici, i cantari del Medioevo e soprattutto il Boiardo – ma cambia totalmente la prospettiva: i paladini e i cavalieri erranti non rappresentano più un modello ideale e lontano, ma rispecchiano la realtà attuale, la varietà della natura umana, con le sue grandezze e le sue miserie.
La novità di quest’opera, il suo tratto innovativo, sta nell’aver mantenuto i personaggi in una dimensione fantastica aperta a mille invenzioni e colpi di scena, e nello stesso tempo nell’aver fatto di loro figure che riflettono aspetti universali della natura umana, indipendenti dall’età , dal sesso, dalla fede religiosa. Sentimenti positivi come l’amore, l’onore, l’eroismo, si intrecciano con quelli negativi come la ferocia la viltà , il tradimento e si manifestano nei pagani come nei cristiani, nelle donne come nei cavalier. Ad Ariosto interessa ogni manifestazione umana, ogni passione, senza privilegiarne o enfatizzarne una in particolare. Questa nuova visione del mondo – rappresentata attraverso personaggi e vicende che appartengono all’età dei cavalieri antichi – lontanissima dagli ideali assoluti del medioevo, priva di moralismo e di retorica, trova corrispondenza nella particolare natura della narrativa di Ariosto, varia e mobilissima, fondata sulla fluidità dinamica dell’azione e sui mutamenti improvvisi di situazione che si ricompone e trova armonia nell’uso raffinato e sapiente degli artifici di scrittura.
[Tratto con adattamenti da: Lanfranco Caretti, La poesia del Furioso, in Ariosto e Tasso, Torino, Einaudi, 1961. Caretti (1915-1995) è stato filologo e critico letterario]