Amaranta nell'"Arcadia"

Letteratura e teatro

Amaranta, che deve il  nome al rossore che colora le sue guance, è una pastorella amata dal pastore Galicio. Nella Prosa IV dell’Arcadia, Sannazaro la descrive utilizzando immagini e citazioni tratte dalla letteratura classica e in volgare.

 

Amaranta è tra le belle bellissima. In lei ritroviamo il fascino di Laura cantata da Petrarca nel Canzoniere: ha i capelli coperti (coverti) da un sottilissimo velo, gli occhi mobili (vaghi) e luminosi come le stelle del cielo, le labbra più belle (avanzavano) delle rose che sbocciano al mattino (mattutine), i denti simili a perle dell’oriente. Alla bellezza del viso corrisponde un corpo altrettanto  attraente. Il poeta lo percorre  con uno sguardo carico di sensualità, scendendo dalla gola candida (marmorea) fino ai piccoli e freschi seni (picciole e giovenili mammelle) stretti da una veste trasparente (sottilissima), in mezzo ai quali si intravede una piccola strada (vietta bellissima) che termina nelle parti più intime (secrete), a cui il pensiero va di conseguenza e con grande intensità (con più efficacia pensare mi fu cagione). Amaranta è alta (rilevata statura), delicatissima e gentile  nei movimenti, cammina in mezzo ai fiori e li raccoglie  con la grazia di Matelda, celebrata da Dante nel Paradiso terrestre e quando senza rendersene conto li fa  cadere per terra,  arrossisce come la tenera Biancofiore descritta da Boccaccio nel Filocolo mentre intreccia ghirlande colorate con le compagne somiglia all’innocente Proserpina cantata dal poeta di Claudiano.

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