Per scrivere il Secretum Petrarca si ispira ai dialoghi di Cicerone e soprattutto alle Confessioni di Sant’Agostino, un libro che aveva ricevuto in dono da Dionigi da Borgo San Sepolcro e che portava sempre con sé. Petrarca aveva una predilezione per Sant’Agostino, tanto da farne il suo interlocutore in questo intenso e appassionato dialogo.
I tre libri sono preceduti da un Proemio che contiene il titolo dell’opera, mentre il sottotitolo (De secreto conflictu curarum mearum, Il segreto conflitto dei miei affanni) viene aggiunto dal poeta per spiegarne meglio il contenuto:
Tu, dunque, o mio libretto, fuggendo i ritrovi degli uomini, sarai contento di restare con me, né vorrai smentire il tuo titolo. Giacchè sei e resterai il Mio Segreto[1]
La scelta di Agostino come esaminatore è legata al fatto che nella cultura medievale il santo rappresentava la validità dell’analisi interiore e della meditazione come strumenti per elevarsi dalle miserie terrene e raggiungere la perfezione dello spirito. Ma la figura di Agostino, rappresenta anche l’alter ego di Petrarca, incarna anche un aspetto della sua anima, quello proteso verso il bene e la redenzione.
[1] L’edizione di riferimento, anche per la traduzione in italiano è: Francesco Petrarca, De secreto conflictu curarum mearum, in Prose, a cura di G. Martellotti e P. G. Ricci, E. Carrara, P. G. Ricci, Riccardo Ricciardi editore, Milano-Napoli, 1955.