A partire dalla metà degli anni Settanta molte novità contribuirono a trasformare non solo i mass media ma tutto il quadro dei mezzi di comunicazione: lo sviluppo della videoregistrazione permise da un lato di portare “il cinema in casa” dall'altro di usare la televisione per fini diversi dal puro ascolto delle trasmissioni; la fine del monopolio radiotelevisivo d'altra parte moltiplicò l'offerta nei due mezzi più seguiti dagli italiani; il fenomeno dei videogiochi, domestici e di sala, avvicinò il mondo dei media moderni a quell'universo ludico che per molto tempo ne era rimasto distinto; la telefonia cominciò a diventare mobile per poi imporsi nell'arco di un ventennio come una forma di comunicazione onnipresente. In quella prima fase lo sviluppo dell'“informatica personale”, relativamente graduale e confinato inizialmente a piccole cerchie di appassionati, venne meno notato. Ma sarebbe stato il computer, tanto più dopo l'avvento della telematica, a definire i caratteri portanti del nuovo sistema dei media.
Un nuovo linguaggio comune, fatto primariamente di impulsi elettrici e su quella base di testi e dati ma sempre più di immagini e di suoni, stabiliva modi di comunicare di tipo reticolare e insieme sembrava assorbire e fondere insieme i media in precedenza distinti, in un continuum dove la comunicazione da punto a punto e quella rivolta a milioni di persone più o meno simultaneamente risultano opzioni possibili per uno stesso insieme di macchine, dove il quotidiano e il libro, la canzone e il telefono, possono occupare l'uno dopo l'altro l'attenzione delle persone.
Si sarebbe tentati di sostenere che questo sistema non ha più molto di “italiano”, né sul piano culturale e neppure sul piano strettamente linguistico. Ma sarebbe una semplificazione, non solo perché gran parte delle comunicazioni continuano ad aver luogo in italiano, ma anche perché la fluidità e la versatilità delle nuove forme di comunicazione consentono scambi più diversificati e articolati che in passato, e permettono di valorizzare la pluralità linguistica come ricchezza e di rispondere a una molteplicità di curiosità e interessi scientifici sulla varietà delle espressioni culturali esistenti. Del resto, senza questo nuovo universo tecnologico e comunicativo non esisterebbe Vivit.