3. Giornali e riviste

Mass media
"Il Secolo" del 17 aprile 1912. Prima pagina.

Nell'Europa settentrionale l'uso di leggere i quotidiani di notizie, commenti, cronaca risale all'inizio dell'Ottocento se non prima. Già nel 1813 il filosofo Hegel parlava della lettura mattutina del giornale come di una “laica orazione del mattino” che metteva in contatto con il mondo come la preghiera avvicinava a Dio. In Italia il fenomeno è stato più lento e tardivo, maturato solo con l'unificazione nazionale.

 

Dopo “La Nazione” di Firenze (1859) e “Il Giornale di Sicilia” di Palermo (1860), “Il Secolo” dell'editore Sonzogno di Milano, considerato il primo quotidiano moderno italiano, comparve nel 1866, seguito nel 1867 dalla “Gazzetta piemontese” che diverrà poi “La Stampa” e nel 1876 dal “Corriere della sera”. Più tardi la nascita dei partiti di massa favorì lo sviluppo di un altro tipo di giornalismo, il cui esempio più importante è il socialista “Avanti!” (titolo ripreso da quello dell'organo socialdemocratico tedesco, “Vorwärts!”), caratterizzato come altri organi socialisti da un ampio uso della grafica, da una forte titolazione, da un linguaggio spesso semplificato. La lettura della stampa cosiddetta “indipendente” restava ristretta alla borghesia urbana delle rispettive città: accanto ai quotidiani citati nascevano nel 1878 a Roma “Il Messaggero”, nel 1885 il bolognese “Il Resto del Carlino”, nel 1892 il napoletano “Il Mattino”, più innovativo, almeno inizialmente nello stile giornalistico. Inoltre l'indipendenza di tali testate era relativa, e lo è sempre rimasta: tutte erano direttamente o indirettamente sostenute da interessi economici, in particolare a partire da fine Ottocento dalle grandi banche.

 

Lo stile giornalistico dell'”Avanti!” sarebbe stato ripreso con segno politico invertito dal “Popolo d'Italia” di Benito Mussolini (che del giornale socialista, del resto, era stato direttore), e avrebbe condizionato nel periodo fascista un po' tutta la stampa italiana, ma anche la cinematografia a la radio. Dopo la guerra l'opposizione tra una stampa “borghese” il cui capofila era il “Corriere della sera” e una stampa di agitazione che trovava nell'”Unità” organo del Partito Comunista la sua maggiore e più professionale espressione sarebbe ripresa, frustrando almeno in parte i tentativi di rinnovamento come “Il Giorno” nato a Milano nel 1956 per volere di un grande manager pubblico come Enrico Mattei (ENI).

 

Dobbiamo ricordare lo sviluppo straordinario soprattutto dopo il 1945 dei quotidiani sportivi, matrice (insieme con le cronache radio-televisive del ciclismo e soprattutto del calcio) di un proprio linguaggio nazionale e gergale insieme, e delle riviste illustrate, dove il contenuto testuale era in genere sopraffatto dalle immagini fotografiche. E il genere tutto italiano del fotoromanzo, che integrava il racconto per immagini con testi brevi e di semplici lettura.

 

La situazione sarebbe cambiata ma solo in parte con gli anni Settanta, con un nuovo quotidiano, “La Repubblica”, che dal 1976 si collocò ai vertici della classifica di vendita in un continuo testa a testa con il “Corriere” nato un secolo prima, rivolgendosi a un pubblico in parte nuovo, figlio della scolarizzazione di massa. Ma l'Italia sarebbe sempre rimasta ed è tuttora un paese dove si legge assai meno della media europea.