Vita finge di non riconoscere quel padre che deludeva troppo le sue aspettative. I due bambini escono dal salone in cui erano arrivati e si trovano per strada.
"Vita, non piccia' [da picciare ‘piangere’, voce meridionale]!" esclama Diamante, infastidito perché non sa come fronteggiare le lacrime di una bambina. Le bambine non le sopporta. Vita s'appende alle sue bretelle, e comincia a trascinarlo lungo la strada. Non sto picciando, protesta, tirando testardamente su col naso. Poi s'asciuga il moccolo con le dita, e le strofina sul vestito a fiori, trainandolo, senza paura di finire schiacciata, sotto piloni di ferro sui quali i treni volano con stridore e fracasso indiavolato. Quando la folla si dirada [diventa meno fitta, diminuisce], e intorno a loro rimangono solo un uomo col suo cavallo, e una venditrice ambulante di dolciumi, Diamante si volta indietro e non vede più il porto. I magazzini, i moli, le navi, gli argani, i treni volanti sono spariti. [...]. Si sono persi.
Non avevano la minima idea di dove si trovassero. […]
Scendeva il buio quando, attirati dalla vista di un bosco, si inoltrarono in un parco che somigliava a una campagna. Si sdraiarono sul prato, davanti a un lago. Nel parco non c'era quasi nessuno. Vita si sciacquò i piedi neri nell'acqua dove navigavano altezzose anatre bianche. Mangiarono l'ultima salsiccia rimasta nella federa e l'ultima manciata di fichi secchi. Erano immensamente felici e avrebbero voluto che questa giornata non finisse mai.
Fu allora che l'italiano li notò. Era un ambulante. Si avvicinava trascinandosi dietro un organetto, che sulle irregolarità del terreno esalava, di tanto in tanto, una nota. Non potete stare qui, piccerelli [‘bambini’, voce meridionale], disse, sfoderando un sorriso amichevole. Dopo il tramonto il parco chiude, se vi trovano gli sbirri [poliziotti] vi portano in prigione. Siete appena arrivati? chiese, mettendosi a sedere accanto a loro. Sì, rispose Vita, con orgoglio. Stamattina, col traghetto dall'isola. Abbiamo visto tutta la città . Siete soli? Sì, disse Vita, e azzinnò [Azzinnare (o zinnare): letteralmente 'ammiccare', ossia fare uno sguardo d'intesa, spesso strizzando un occhio. È voce dialettale, in uso nel Sud] un'occhiatina complice a Diamante. Siete fratelli? Sì, disse Diamante. No, disse Vita, mio fratello non lo conosco quasi, Diamante invece abita nello stesso vico ['vicolo', voce meridionale] mio. L'ambulante si arrotolò del tabacco in un lembo di giornale e aspirò qualche boccata. Siccome era italiano, e suonava delle canzoni bellissime sul suo organo, non diffidarono di lui. Dopo aver camminato tutto il giorno sulla luna, era bello sentir parlare la lingua di casa. Era bello trovare una guida. Se venite con me, vi faccio vedere un posto per dormire. È lontano? disse Diamante, che non sarebbe mai riuscito a costringere di nuovo i suoi piedi negli scarponcini stretti. No, dietro l'angolo. Lo vedi il Dakota? Indicò lo stupefacente castello tutto torri, pinnacoli, pignoni e torrette, dall'altra parte del lago. È là dietro.
Era lo scheletro di una casa in costruzione. Un asse mancante nella recinzione del cantiere immetteva in una specie di cantina. C'era un cartone macchiato che fungeva [serviva] da materasso e una tavola sospesa su due latte vuote, che fungeva da tavolo. C'erano mucchi di scatole di conserva arrugginite e rifiuti. L'ambulante spinse l'organetto contro il muro e li invitò a sdraiarsi sul cartone. Lui s'avvolse in una coperta stinta [sbiadita, scolorita], talmente piena di pidocchi che camminava da sola. Eccitati, gli raccontarono di Tufo e di Minturno, di Dionisia che era stata respinta dagli americani per via degli occhi malati e ora faceva la scrivana [impiegata che copia documenti ed atti e/o che scrive lettere], e dello spaccapietre Antonio, che tutti chiamavano Mantu, e che era l'uomo più sfortunato del paese, perché due volte aveva traversato l'oceano, era arrivato fino in America e due volte l'avevano respinto, del fratello di Vita che Agnello s'era venuto a prendere nel 1897 e delle due sorelle e dei tre fratelli di Diamante che erano morti di fame. Vita gli mostrò perfino i suoi tesori. Sul piroscafo le avevano regalato un coltello, una forchetta e un cucchiaio d'argento del servizio del ristorante di prima classe. Ma il suo vero tesoro era un altro.
Prima di partire, s'era infilata nelle tasche del vestito una quantità di oggetti magici - per tornare a casa mia, spiegò con una certa condiscendenza. Una foglia arrugginita di olivo, la chela di un gambero, una pallina di cacca di capra, gli ossicini di una ranocchia, lo spino acuminato [appuntito] di un fico d'India, una scaglia d'intonaco della chiesa (che in tutti questi giorni si era sbriciolata, riducendosi a una polvere fina come talco), una tellina [conchiglia che contiene un mollusco di mare], il seme succhiato di un limone e un limone intero, coperto di una bianca peluria ammuffita. L'ambulante ignorò le posate d'argento e prese in mano tutti quegli oggetti disgustosi - mostrando di capirne il valore. Li soppesò, come fossero diamanti, e la aiutò a rinvoltolarli in un fazzoletto. Era gentile e interessato ai loro discorsi, come gli adulti non sono mai. Gli offrì un bicchiere del suo vino - l'unica cosa che avesse qui dell'Italia. Insistette, perché non volevano bere. Il vino aveva un vago sapore di medicina. Poi si fece triste e disse in tono malinconico che non sarebbero mai dovuti venire. Questo era un posto bruttissimo, non era vero niente di quello che si raccontava dall'altra parte. L'unica differenza fra l'America e l'Italia erano i soldi: i soldi qui c'erano, ma non erano destinati a loro. Anzi, loro servivano proprio per farli fare a qualcun altro. Dovevano tornare subito in Italia. Lui, se avesse potuto, sarebbe partito anche adesso. Solo che non poteva. A volte è difficile tornare indietro. Dall'altra parte, tutti credevano che fosse diventato ricco. Invece, in dieci anni che era qui, l'organetto era tutto quello che gli restava. Diamante fu così deluso dal discorso dell'ambulante che non gli rivolse più la parola. Questa città era una meraviglia bellissima, lui già la preferiva a qualunque altra e la fortuna lo stava aspettando. Si tolse la giacca, coprì Vita e disse che adesso, se non gli dispiaceva, volevano dormire. Era stata una lunghissima giornata. Buonanotte, bambini.
(da M. Mazzucco, Vita, Bur Extra, 2010, p. 26 e p. 41-43)
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a. I bambini
b. L’ambulante