Poemetto di stile neoclassico composto da 358 endecasillabi sciolti, consiste in un dialogo fra Urania, musa dell'astronomia e della geometria, e il poeta greco Pindaro: in questo poemetto, come nelle Grazie di Foscolo, si afferma che gli uomini, per natura rudi e indolenti, hanno raggiunto la civiltà grazie alla virtù e alla bellezza dell'arte. Manzoni, in una lettera all'amico Claude Fauriel (6 settembre 1806[1]) si dichiara scontento (très mécontent) di questi suoi versi perché non hanno alcun interesse (leur manque absolu d’intérêt) ne esprime il proposito di non scriverne mai più di simili (je n’en ferai plus comme cela).Dopo Urania Manzoni inizia a prendere le distanze da un modo di scrivere che risponde solo agli interessi di una ristretta cerchia di persone colte e raffinate e dall'idea che l'arte possa riscattare gli uomini dalle loro miserie.