Prima di scegliere il romanzo storico come impegno letterario, Manzoni per venti anni svolge un’intensa attività letteraria sperimentando generi diversi per stile, temi, linguaggio. Questa attività va di pari passo a un percorso di riflessione che Manzoni svolge sulla morale, sulla storia e sull'arte, in sintonia con le vicende politiche e culturali del suo tempo.
Significativi e importanti sono gli anni vissuti in Francia (1805-1810), durante i quali lo scrittore matura, insieme alla conversione religiosa, anche un nuovo modo di intendere la letteratura, sia nei contenuti sia nello stile. A Parigi Manzoni conosce lo storico e letterato Claude Fauriel di cui resterà amico per tutta la vita, la sua compagna Sofia Condorcet, vedova del marchese di Condorcet, matematico e filosofo illustre, ucciso durante la Rivoluzione francese, e altri intellettuali, prima impegnati attivamente in politica e nelle istituzioni e ora ostili a Napoleone e aperti alle nuove idee romantiche provenienti dalla Germania. Manzoni, che partecipa con grande interesse alla riflessione sul fallimento della Rivoluzione francese e del regime napoleonico, si convince che la morale laica, anche quando predica giusti principi di uguaglianza e tende alla ricerca del bene comune, è destinata al fallimento: le sole forze umane non bastano, ne occorrono altre, ispirate a principi più alti, che superino e vadano oltre i limiti e le sconfitte della storia.
In questo clima maturano in Manzoni la conversione religiosa e la convinzione che l'arte e la morale siano la stessa cosa ed esigano una lingua capace di comunicare a un gran numero di persone; il carme In morte di Carlo Imbonati, composto nel 1805, testimonia l'inizio della sua riflessione e la lettera all’amico Fauriel (6 settembre 1806) in cui critica il poemetto Urania sanciscono l'abbandono di una scrittura di tipo neoclassico in favore di contenuti e modalità completamente diverse.
Nel 1810 Manzoni torna in Italia e inizia a comporre senza interruzione per più di dieci anni. Scrive gli Inni sacri (1812-1822), le Osservazioni sulla morale cattolica (1819), due tragedie (Il Conte di Carmagnola nel 1819 e Adelchi nel 1822), due odi su temi di attualità (Marzo 1821 e Il cinque maggio, il romanzo Fermo e Lucia (1821-22) che darà origine ai Promessi sposi.
Alla base di una produzione così vasta e varia c’è un elemento costante: la riflessione sul destino degli uomini, sul rapporto fra le azioni umane (sia quelle collettive, frutto della politica e della storia, che quelle del singolo) e il disegno di Dio. A guidare e indirizzare il suo pensiero contribuiscono anche gli eventi esterni. I moti risorgimentali del Piemonte, in occasione dei quali scrive Marzo 1821, gli suggeriscono la possibilità di conciliare la visione religiosa, che respinge ogni forma di violenza, con la partecipazione a una rivolta fatta per una giusta causa, che rende accettabile lo spargimento di sangue. Il fallimento di questi moti lo porterà a considerare la storia come un susseguirsi di eventi che coinvolgono e travolgono grandi personaggi come Napoleone (Il cinque maggio) e fragili creature come Ermengarda (Adelchi); fatti drammatici e complessi nei quali è difficile riconoscere di disegno in base al quale Dio governa il mondo e la vita degli uomini.
La volontà di conciliare la fede religiosa con gli interrogativi suscitati dalla riflessione sulla storia e sulla poesia, lo fa approdare a un modo nuovo di concepire il teatro, la tragedia e il compito del poeta. Esporrà le sue idee nella Lettre à monsieur Chauvet sur l'unité de temps et de lieu dans la tragédie (Lettera al signor Chauvet riguardo l'unità dei tempi e dei luoghi nella tragedia) scritta nel 1820 in risposta a Joachin Victor Chauvet, poeta e drammaturgo francese che aveva duramente criticato la tragedia Il conte di Carmagnola.
Il sentimento religioso e lo spirito democratico, che lo rendevano interessato alle vicende degli umili e ai fatti ignorati dalla cronaca ufficiale e dalla storia, uniti al desiderio di allargare l'ambito delle sue conoscenze, guida Manzoni a confrontarsi con il romanzo. Questa forma letteraria gli sembra particolarmente adatta per raccontare la verità storica attraverso un'invenzione, una vicenda frutto dell'immaginazione poetica.
Nella lettera a Claude Fauriel del 3 novembre 1821, Manzoni afferma di concepire i romanzi come la rappresentazione di una condizione determinata della società , per mezzo di fatti e di caratteri così simili al vero da poterli ritenere una storia reale appena scoperta. Quando vi sono inseriti fatti e personaggi storici, credo che sia necessario rappresentarli nella maniera più rigorosamente storica[1]. Il romanzo che Manzoni ha in mente è fortemente legato alla verità storica ma non si occupa solo di fatti illustri e ha come protagonisti personaggi sconosciuti, non eroi o figure emblematiche. Da questa idea di romanzo nasceranno i Promessi sposi.
[1]Tutte le lettere, a cura di Cesare Arieti. Con un’aggiunta di lettere inedite o disperse a cura di Dante Isella, Milano, Adelphi, 1986