I verbi in italiano (e in molte altre lingue) si distinguono, in base al loro significato e alle funzioni sintattiche che svolgono, in verbi predicativi e verbi copulativi[1].
I verbi predicativi esprimono un significato specifico: indicano fenomeni, comportamenti, azioni, atteggiamenti, eventi, sensazioni, pensieri, condizioni. Es.: piovere, dormire, correre, mangiare, vivere, dipingere, cadere, desiderare, sospettare, soffrire.
I verbi copulativi sono quelli che hanno un significato molto generico e servono solo per “accoppiare” un nome con un aggettivo o un altro nome e creare così unʼunità che comunque predica, ma attraverso un nome o un aggettivo invece che attraverso il verbo. Sono verbi copulativi: essere, sembrare, parere, diventare, divenire.
Dettaglio dei verbi predicativi. Essi si classificano in base al loro significato più comune in cinque classi di valenze: zerovalenti, monovalenti, bivalenti, trivalenti, tetravalenti.
Sono zerovalenti i verbi che non hanno neppure lʼargomento soggetto: sono anche definiti impersonali. Es. piovere, nevicare, fioccare, tuonare, albeggiare. Si usano nella forma della terza persona singolare. Se usati in senso figurato possono acquistare valenze: Piovono sassi; I cannoni tuonano.
Sono monovalenti i verbi che richiedono soltanto lʼargomento soggetto. Es. sbadigliare, russare, tossire, nascere, morire.
Sono bivalenti i verbi che richiedono oltre al soggetto un secondo argomento, che può avere reggenza diretta o indiretta. Verbi come pulire, sporcare, tagliare, leggere, scrivere hanno il secondo argomento diretto (Luigi lava i vetri; Giulia legge il giornale); mentre piacere, dispiacere, giovare, nuocere hanno il secondo argomento indiretto, cioè introdotto da una preposizione (I dolci piacciono ai bambini; il fumo nuoce alla salute).
Sono trivalenti i verbi che, oltre al soggetto, richiedono un secondo e un terzo argomento di cui uno a reggenza diretta e uno a reggenza indiretta, oppure entrambi a reggenza indiretta. Al primo tipo appartengono regalare, dare, dire, annunciare, mettere (Piero ha regalato un disegno a suo fratello). Appartengono al secondo tipo andare nel significato di ʻmuoversi da un luogo allʼaltroʼ e passare ʻda un luogo a un altro o da una situazione a unʼaltraʼ.
Sono tetravalenti i verbi che hanno un secondo argomento oggetto diretto, e un terzo e un quarto argomento oggetto entrambi indiretti. Es. tradurre, trasferire, spostare, scaraventare (Maria ha tradotto il mio libro dal francese in inglese).
I verbi predicativi inoltre sono suddivisibili in transitivi e intransitivi. Ogni verbo che sia accompagnato da un argomento oggetto diretto è transitivo; quando invece un verbo non ha lʼargomento oggetto diretto si definisce intransitivo. I verbi transitivi hanno anche la costruzione passiva.
Dettaglio dei verbi copulativi. A differenza dei verbi predicativi, i verbi copulativi hanno la funzione di “puro collegamento” tra il soggetto e un elemento (aggettivo o nome) che ne predica una qualità , condizione, funzione. Capostipite dei copulativi è il verbo essere, definito, in questa funzione, come copula. Es. Mario è stanco / Andrea è pittore. Gli elementi collegati in questo modo al soggetto, nel nostro caso lʼaggettivo stanco e il sostantivo pittore, prendono il nome di complemento predicativo del soggetto. La copula e il complemento predicativo del soggetto formano il predicato nominale.
La funzione che svolge il verbo essere, di unione cioè tra un nome e il suo complemento predicativo, può essere svolta anche da altri verbi come sembrare, parere, apparire, diventare ecc. Es. Mario sembra stanco.
Il verbo essere oltre a questa funzione di copula, ha significati propri, di ʻesistereʼ (Io sono), di ʻessere situato (in un luogo)ʼ (Il libro è sul tavolo) e di ʻappartenenza o proprietà ʼ (Il libro è di Marco). Inoltre ha funzione di ausiliare per formare i tempi composti di molti verbi intransitivi e la costruzione passiva dei verbi transitivi (Io sono stato trasferito). In questi casi, tale verbo, insieme al verbo avere, forma una classe definita con il nome di verbi ausiliari.
Una categoria particolare di verbi è costituita dai cosiddetti verbi modali (o servili), come volere, potere, dovere e sapere (nel senso di ʻessere capace diʼ), i quali si accompagnano ad altri verbi per esprimere una particolare condizione psicologica del loro soggetto.
Tutti i verbi in italiano possono aggregare a sé il pronome personale atono obliquo (mi, ti, si, ci, vi, si) e acquistare il carattere di verbo pronominale, atto ad esprimere diversi valori che riguardano il coinvolgimento (volontario o involontario) del soggetto nell’evento.
[1] Tutte le definizioni e i relativi esempi sono tratti da: Francesco Sabatini, Carmela Camodeca, Cristiana De Santis, Sistema e Testo. Dalla grammatica valenziale allʼesperienza dei testi, Loescher Editore, Torino, 2011.