La Valle d'Aosta rappresenta un caso a sé per quel che riguarda la presenza e la descrizione di una varietà di italiano regionale. L'istituzione della regione autonoma della Valle d'Aosta risale alla Costituzione del 1948, ma il suo territorio era già parte del Regno d'Italia fin dalla sua unificazione e rappresentava uno dei più antichi stati sabaudi di lingua francese. Con l’unità d’Italia, ma ancor di più nel periodo fascista, la Valle d’Aosta ha visto un lento processo di italianizzazione che ha investito soprattutto la toponomastica (i nomi delle località erano tutti francesi e il regime tentò un sistematico adattamento all’italiano); la regione resta comunque, per la sua storia e la particolare conformazione del suo territorio, un vero e proprio laboratorio linguistico naturale. Le valli strette e profonde, la posizione di confine tra Europa mediterranea e Europa del Nord, secoli di scambi commerciali e culturali hanno creato una ricchissima varietà di lingue e dialetti in uso anche oggi.
La lingua italiana, la lingua francese, i dialetti francoprovenzali e di radice tedesca si intrecciano e si fondono in un mosaico straordinario che si realizza e si trasforma ogni giorno nelle attività quotidiane e nelle ricorrenze tradizionali.
La lingua parlata quotidiana più diffusa è il patois valdôtain, anche se in realtà si distinguono due aree: la Valle alta (parte occidentale della regione), che ha risentito maggiormente dell’influsso dei patois savoiardi e che comprende anche Aosta dove maggiore è l’influenza del francese (lingua ufficiale); la Valle bassa (parte orientale della regione) in cui coesistono tratti arcaici e maggiormente conservativi del francoprovenzale insieme a tratti più chiaramente piemontesi. E, in effetti, la varietà dell’italiano regionale presenta tratti fonetici, morfosintattici e lessicali analoghi a quelli del Piemonte. Un esempio che illustra in modo chiaro questa “separazione” (che non è ovviamente rappresentata da un taglio netto, ma piuttosto da una fascia mediana di transizione) è rappresentato dal modo di designare la volpe. Il francese antico utilizzava la parola goupil, dal latino popolare vulpiculus, ma dal XIII° secolo, grazie al successo del Roman de Renart (Renart era un nome di persona attribuito a una volpe molto astuta), renard ha soppiantato l'antico goupil per diventare il nome corrente usato per indicare questo animale. L'alta Valle ha seguito il modello del francese e ha adottato il termine renard, mentre la bassa Valle ha conservato la variante più arcaica, gorpeui.
Questa suddivisione di massima rientra in un quadro di grande varietà e variabilità : i patois valdostani, pur presentando un’unità di fondo che li fa convergere all’interno del sistema delle parlate francoprovenzali, sono estremamente numerosi e diversificati.