Nelle opere di Leopardi ricorrono alcuni termini che definiscono la sua visione del mondo, i concetti che stanno alla base del suo pensiero e della sua poetica. Uno di questi è “Noia”.
Leopardi stesso, nello Zibaldone, ne spiega il significato: la noia è assenza di passioni e di emozioni, sia negative (dispiacere) che positive (piacere, felicità , godimento), è il vuoto dell’animo umano:
Chi dice assenza di piacere e dispiacere, dice noia... La noia corre sempre e immediatamente a riempiere tutti i vuoti che lasciano negli animi de’ viventi il piacere e il dispiacere; il vuoto, cioè lo stato d’indifferenza e senza passione, non si dà in esso animo, come non si dava in natura secondo gli antichi. La noia è come l’aria quaggiú, la quale riempie tutti gl’intervalli degli altri oggetti, e corre subito a stare là donde questi si partono, se altri oggetti non gli rimpiazzano. O vogliamo dire che il vuoto stesso dell’animo umano, e l’indifferenza, e la mancanza d’ogni passione, è noia, la quale è pur passione... La noia è il desiderio della felicità , lasciato, per cosà dir, puro. Questo desiderio è passione. Quindi l’animo del vivente non può mai veramente essere senza passione. Questa passione, quando ella si trova sola,quando altra attualmente non occupa l’animo, è quello che noi chiamiamo noia (17 ottobre 1823).
Nella lettera a Pietro Giordani del 19 novembre 1819 Leopardi parla della noia che devasta la sua vita e anche nelle poesie e nelle canzoni ricorre il termine “noia”. Ne sono un esempio Il sabato del villaggio e Ad Angelo Mai.