La "Storia d’Italia": le ragioni dell’opera

    Letteratura e teatro

    Le pagine iniziali della Storia d’Italia sono particolarmente significative. Guicciardini spiega che racconterà le vicende del suo paese a partire dal 1494, anno della discesa di Carlo VIII re di Francia; poi descrive la situazione di prosperità e di pace in cui si trovava l’Italia nel Quattrocento, prima di diventare un campo di battaglia per i principi stranieri; infine indica la ragione di questo benessere: è stata la presenza di un governante come Lorenzo il Magnifico a creare un equilibrio fra i vari stati italiani , che sembra ormai irrimediabilmente perduto. Anche in queste pagine ritornano i temi cari a Guicciardini: l’instabilità delle cose umane, la fortuna imprevedibile, le responsabilità dei governanti.

     

    Io ho deliberato di scrivere – afferma Guicciardini – ciò che è accaduto in Italia dopo che l’esercito francese, chiamato dai nostri stessi governanti (da’ nostri prìncipi medesimi) cominciò a creare grandissimo sconvolgimento e malessere: un argomento, quindi, di straordinario rilievo e denso di fatti drammatici (atrocissimi accidenti). Dopo questo evento, l’Italia ha sofferto per molti anni di tutte le calamità che derivano agli esseri umani, ora per l'ira giusta d'Iddio ora dalla empietà e sceleratezze degli altri uomini. Perciò chi legge queste pagine potrà comprendere a quanta istabilità siano sottoposte le cose umane, né altrimenti che uno mare concitato da' venti e quanto danno portino le decisioni avventate (i consigli male misurati) di coloro che ci governano.

     

    Le sciagure dell’Italia sono da considerarsi con tanto maggiore dispiacere e spavento perché iniziarono proprio quando le sue condizioni generali erano più liete e più felici. L’origine di questa grande felicità stava in gran parte nella industria e virtú di Lorenzo de' Medici. Sulla saggezza di Lorenzo (consiglio suo) si fondava il benessere della Repubblica di Firenze, che doveva la sua potenza non tanto all’estensione del suo territorio , quanto alla felice posizione geografica, sulle capacità dei cittadini, sulla pronta disponibilità del denaro. Lorenzo temeva la possibile espansione degli altri stati italiani, perciò procurava con ogni studio che le cose d'Italia in modo bilanciate si mantenessino che piú in una che in un'altra parte non pendessino: e questo non avrebbe potuto ottenerlo senza conservare la pace e senza seguire con attenzione (vegghiare con somma diligenza) lo svolgersi di ogni minimo evento.


    Anche gli altri principi italiani, nonostante i problemi e le rivalità, aspiravano alla quiete comune, perciò Lorenzo riuscì a bilanciare le loro aspirazioni rendendo stabile la pace, e facendo in modo che tutti mettessero maggiore prontezza a procurare di spegnere sollecitamente tutte quelle faville che potessero sollevare incendi capaci di distruggere l’equilibrio raggiunto. I fondamenti della tranquillità dell’ Italia erano quindi così forti da non lasciar spazio a timori per il futuro. Ma improvvisamente, contro ogni logica e ogni previsione, la sorte rovescia gli eventi: nel mese di aprile dell’anno 1492 sopravvenne la morte di Lorenzo de’Medici; morte acerba a lui per l’età (morì a soli 44 anni); acerba alla patria, la quale, per la reputazione e prudenza sua e per le sue innate capacità (ingegno attissimo) fioriva meravigliosamente per tutte quelle ricchezze, beni e ornamenti che sempre accompagnano i lunghi periodi di pace (lunga pace).

     

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