Lo stile della Liberata riflette il cosiddetto bifrontismo spirituale del Tasso che si traduce nella ricerca di unità , equilibrio, compostezza propri del poema epico a cui sempre si accompagnano la lacerazione, l’emotività , la complessità che caratterizzano il poeta e la sua epoca. L’uso continuo dell’enjambement, la scelta di parole non comuni (le parole peregrine), la struttura drammatica e sincopata dell’ottava e la presenza di temi ricorrenti sono elementi fondativi di uno stile che garantisce all’opera coerenza interna, pur conservando intatte la varietà e lo sbalzo degli aspetti emotivi e drammatici.
L’ enjambement[1]
Tasso utilizza moltissimo gli enjambement, che definisce versi spezzati che entrano l’uno nell’altro e fanno il parlar magnifico e sublime[2]. Nella Gerusalemme Liberata l’enjambement compare fin dalla prima ottava del Proemio:
Canto l'arme pietose e 'l capitano
che 'l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co 'l senno e con la mano,
molto soffrì nel glorioso acquisto;
e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano
s'armò d'Asia e di Libia il popol misto.
Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi
segni ridusse i suoi compagni erranti.
(Canto I)
Un altro esempio significativo lo troviamo nel Canto XVI, che inizia con la descrizione del palazzo incantato della maga Armida. La spezzatura isola tre parole (chiuso, confuso, fallace) che assumono così una rilevanza molto forte ed enfatizzano il loro significato:
Tondo è il ricco edificio, e nel più chiuso
grembo di lui, ché quasi centro al giro,
un giardin v’ha ch’adorno è sovra l’uso
di quanti più famosi unqua fioriro.
D’intorno inosservabile e confuso
ordin di loggie i demon fabri ordiro,
e tra le oblique vie di quel fallace
ravolgimento impenetrabil giace (1)
Il critico Mario Fubini[3] mette in luce il fatto che l’enjambement, già presente in poeti precedenti a Tasso (e anche in Ariosto) assume nella Gerusalemme Liberata un ruolo particolare sia per la frequenza con cui è usato, sia per la funzione e il valore che riveste. Fubini[4] sottolinea infatti che questo fenomeno metrico si trova pure nell’Ariosto ma che in Tasso è molto più frequente, con una proporzione - su 100 stanze - del 17,7 rispetto al 6,5. Nel Tasso - continua Fubini - l’eccezione tende a diventare normale e la dissonanza creata dall’enjambement si presenta quasi ovvia nei passi più significativi del poema. Alcuni ulteriori esempi. Tancredi ha la rivelazione della bellezza di Clorinda:
Egli mirolla; ed ammirò la bella/sembianza, e d’essa si compiacque e n’arse
Erminia, dall’alto della torre scopre fra i guerrieri nemici l’amato e manifesta la sua passione nascosta sotto il manto dell’odio:
Egli è il prence Tancredi; oh prigioniero/mio fosse un giorno! e no ‘l vorrei già morto
Rinaldo abbandona il campo cristiano con nell’animo un’aspirazione indistinta a imprese fuori del comune:
Parte, e porta un desio d’eterna ed alma/gloria…
In questi esempi raccolti un poco a caso – scrive Fubini – si può notare come l’enjambement, rallentando il ritmo, costringa a soffermarsi sulle due parole congiunte e divise, che assumono un rilievo nuovo nel contesto mentre tra parola e parola sembra di sentire il palpito stesso dell’anima. È come se si introducesse nel discorso una pausa irrazionale, poiché mentre il senso congiunge le due parole, inevitabilmente la voce deve, sia pure per un istante brevissimo, posare.
Le parole peregrine[5]
Tasso ritiene che per rendere magnifico lo stile del poema eroico bisogna scegliere parole non comuni e lontane dall’uso popolare. Per questo, accanto a vocaboli arcaici e a “lombardismi”, utilizza termini ed espressioni mutuati da Dante e soprattutto da Petrarca, figure del linguaggio raffinate e a forte effetto musicale. Troviamo esempi significativi nel canto di Erminia fra i pastori (VII).
Per descrivere l’amore infelice di Erminia (Canto VII) Tasso fa ricorso a parole e versi del Canzoniere di Petrarca.
Gerusalemme liberata | Canzoniere |
Cibo non prende già , ché de’ suoi mali solo si pasce e sol di pianto ha sete; ma’l sonno, che de’ miseri mortali è co ’l suo dolce oblio posa e quiete, sopì co’ sensi i suoi dolori, e l’ali dispiegò sovra lei placide e chete; né però cessa Amor con varie forme la sua pace turbar mentre ella dorme (4) | Pasco ’l cor di sospir’, ch’altro non chiede, e di lagrime vivo a pianger nato: né di ciò duolmi, perché in tale stato è dolce il pianto più ch’altri non crede. CXXX, 5-6 |
Forse averrà , se ’l Ciel benigno ascolta affettuoso alcun prego mortale, che venga in queste selve anco tal volta quegli a cui di me forse or nulla cale (21) | Tempo verrà anchor forse ch’a l’usato soggiorno torni la fera bella et mansüeta, et là ’v’ella mi scorse nel benedetto giorno, volga la vista disïosa et lieta, cercandomi; et, o pietà !, già terra in fra le pietre vedendo, Amor l’inspiri in guisa che sospiri sà dolcemente che mercé m’impetre, et faccia forza al cielo, asciugandosi gli occhi col bel velo. CXXVI, 27-39 |
Paranomasia
cogliam d’amor la rosa: amiamo or quando
esser si puote riamato amando (15)
Ride Armida a quel dir (23)
ch’amò d’essere amata, odiò gli amanti (38)
Parallelismo
vede pur certo il vago e la diletta,
ch’egli è in grembo a la donna, essa a l’erbetta (17)
Sovra lui pende; ed ei nel grembo molle
le posa il capo, e ’l volto al volto attolle (18)
Chiasmo
L’uno di servitú, l’altra d’impero
si gloria, ella in se stessa ed egli in lei (21)
[1]Enjambement in francese significa scavalcamento ed è chiamato anche frattura; si crea quando la fine di un verso non coincide con la fine di una frase di significato compiuto che continua nel verso seguente.
[2]Discorsi del poema eroico, Libro V.
[3] M. Fubini, Osservazioni sul lessico e sulla metrica del Tasso, in Studi sulla letteratura del Rinascimento, Firenze, Sansoni, 1948. Mario Fubini (1900 – 1977), critico letterario, è statosocio dell' Accademia dei Lincei e direttore responsabile del Giornale storico della letteratura italiana.
[4] Fubini fa riferimento a quanto scrive Theodor Spoerri, studioso di filologia romanza, in Rinascimento e barocco in Ariosto e Tasso, Berna, 1922
[5] Dai Discorsi dell’arte poetica: Può nascere la magnificenza da' concetti, da le parole e da le composizioni de le parole. Perciò che cosà proprio del magnifico dicitore è il commuovere e il rapire gli animi, come de l'umile l'insegnare, e del temperato il dilettare; ancora che e ne l'essere mosso e ne l'esser insegnato trovi il lettore qualche diletto. Sarà sublime l'elocuzione, se le parole saranno, non comuni, ma peregrine e da l'uso popolare lontane.