"Pianto antico"

Letteratura e teatro

Carducci scrive questa poesia nel 1871 e la dedica al figlio Dante, morto a soli tre anni – forse di tifo – il 9 novembre 1870 a Bologna, nella casa in via Broccaindosso. Il giorno successivo alla morte del figlio, Carducci scrive questa lettera al fratello Valfredo (10 novembre 1870):

 

Il mio povero bambino mi è morto; morto di un versamento al cervello. Gli presero alcune febbri violente, con assopimento; si sveglia a un tratto la sera del passato giovedì (sono otto giorni), comincia a gittare orribili grida, spasmodiche, a tre a tre, come a colpi di martello, per mezz’ora: poi di nuovo, assopimento, rotto soltanto dalle smanie della febbre, da qualche lamento, poi da convulsioni e paralisi, poi dalla morte, ieri, mercoledì, a ore due.

 

Il bambino portava il nome del fratello del poeta – Dante – scomparso a vent’anni.

Pianto antico inizia con il ricordo del figlioletto mentre cerca di afferrare con la piccola mano (pargoletta mano) i fiori (i bei vermigli fior) dell’albero di melograno che cresce verde e rigoglioso nel cortile della casa:

 

L’albero a cui tendevi

la pargoletta mano,
il verde melograno
da’ bei vermigli fior

 

È un’immagine gioiosa e colorata, tenuta in sospeso dalla virgola che chiude l’ultimo verso della quartina, come per sottolinearne la precarietà e la caducità; a questa infatti subito si lega e si contrappone la visione dell’orto com’è adesso, muto e deserto (solingo), in cui l’albero di melograno – antico simbolo di fertilità e rinascita – continua comunque a coprirsi di foglie verdi e crescere al sole.

 

nel muto orto solingo
rinverdí tutto or ora
e giugno lo ristora
di luce e di calor.

 

Tutta la poesia ha alla base il contrasto: fra vita e morte, fra primavera e inverno, fra i tanti fiori del rigoglioso melograno che ogni anno  si rinnova e l’unico e ultimo fiore del poeta, simile a una pianta colpita dalle intemperie (percossa) e incapace di dare frutti (inardita), fra la terra fredda e nera (negra) che copre il bambino e il sole gioioso e l’amore paterno che non riescono a restituirgli vita e calore.

 

Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l’inutil vita

estremo unico fior,

sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra;

né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.

 

Questo contrasto è evidenziato dai suoni che ricorrono nei versi creando legami di significato: “ver” (verdi, vermigli, rinverdì) e “ri” (ristora, risveglia, rinverdì), per evocare la rinascita e il futuro, contrapposti al cupo “to” di muto e orto; la forte presenza della “r” nell’ultima quartina che crea un senso di gelo (terra fredda terra negra) a cui contribuiscono anche le “r” di rallegra, risveglia e amor, capovolte nel loro significato dalla negazione ripetuta all’inizio degli ultimi due versi. Il poeta piange le sue speranze spezzate, la sua felicità perduta ed il suo pianto è antico, cioè comune a tutti gli uomini, di ogni tempo ed età.

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