Liguria

Varietà dell'italiano

Il territorio della Liguria ha avuto una precoce formazione in Stato regionale, con una definizione territoriale e una notevole autonomia rispetto all’Italia settentrionale già a partire dal VI-VII secolo. Fin dall’inizio, Genova ha svolto il ruolo di centro egemone della regione e, grazie all’importanza assunta dal suo porto, ha intessuto rapporti con i più importanti centri commerciali marittimi del bacino del Mediterraneo. Anche se, dal punto di vista linguistico, le parlate liguri rientrano nel gruppo dei dialetti italiani che comprende il piemontese, il lombardo e l’emiliano romagnolo, le tradizioni della regione hanno mantenuto una certa autonomia rispetto all’Italia settentrionale e molti sono stati gli apporti provenienti dai diversi idiomi dell’area mediterranea.

 

Come in tutte le regioni italiane fino al Novecento le lingue parlate sono state prevalentemente i dialetti, ma in Liguria il naturale processo di erosione dei dialetti, avvenuto nel corso dell’ultimo secolo, è stato decisamente più veloce e ha investito fasce di popolazione più ampie. Se è vero che all’inizio del Novecento si nota ancora una certa resistenza all’adozione dell’italiano - sono famose le pagine dell’Idioma gentile in cui Edmondo De Amicis (ligure, nativo di Oneglia) offre un ampio repertorio di regionalismi caricaturali – è però testimoniato dalle inchieste che si sono susseguite dagli anni Cinquanta in poi, che la Liguria sia diventata una delle regioni più italofone. L’italiano infatti entra come lingua familiare anche per la borghesia e la classe operaia: si parla italiano con i figli per dar loro lo strumento necessario ad avanzare socialmente.

 

L’italiano regionale attuale si caratterizza in particolare per alcuni tratti lessicali, localismi ed espressioni idiomatiche, spesso oggetto di ironia a caricature da parte non solo di scrittori, ma anche attori di teatro e di cinema, da Gilberto Govi a Paolo Villaggio, e tra i comici Beppe Grillo e Antonio Ricci (con il personaggio del Gabibbo). Un ruolo decisivo nella diffusione di voci dell’italiano regionale ligure l’hanno avuto senza dubbio grandi scrittori da Montale (vedi la sezione dei testi) a Calvino, ma anche i più recenti Nico Orengo e Francesco Biamonti e poi musicisti e cantautori, in particolare la famosa “scuola genovese” con Gino Paoli, Umberto Bindi, Bruno Lauzi e Luigi Tenco (anche se nativo di Alessandria) che hanno inaugurato lo stile “parlato” nella canzone italiana che giunge fino a Ivano Fossati e Francesco Baccini. Il genovese arcaico è stato ripreso nel lavoro di recupero storico-filologico di Fabrizio De André nei suoi Creuza de mâ (1984) e Le nuvole (1990), mentre Paolo Conte, benché astigiano, ha rappresentato perfettamente il carattere genovese nella sua Genova per noi (1976).