L’avventura del "Politecnico": i rapporti fra politica e cultura

Letteratura e teatro

I passi che seguono, tratti dalla rivista Il Politecnico riportano le idee di Vittorini in merito all'autonomia della cultura e al rapporto fra cultura e società; idee che portarono a uno scontro aperto con Palmiro Togliatti, dirigente del PCI, e alla chiusura definitiva della rivista nel 1947.

 

Nel primo numero della rivista (29 settembre 1945) Vittorini spiega perché ha scelto di darle lo stesso nome di quella fondata nel 1839 Carlo Cattaneo, scrittore e patriota[1] :

 

L'altro Politecnico si pubblicava a Milano dal 1839 al '45 … Aveva un ideale pratico la cultura di Cattaneo: Primo bisogno è quello di conservare la vita, affermava il Manifesto d'Associazione al primo anno del Politecnico. Ma completava: La Pittura, la Scultura, l'Architettura, la Musica, la Poesia … e le altre arti dell'immaginazione scaturiscono da un bisogno che nel senso della civiltà diviene non meno imperioso di quello della sussistenza.

 

Nell'articolo programmatico del Politecnico intitolato – non a caso – Una nuova cultura, Vittorini denuncia le responsabilità degli intellettuali di fronte agli orrori della guerra e auspica la nascita di una cultura  diversa, che si ponga l'obiettivo non di consolare ma di eliminare la sofferenza e lo sfruttamento:

 

Per un pezzo sarà difficile dire se qualcuno o qualcosa abbia vinto in questa guerra. Ma certo vi è tanto che ha perduto, e che si vede come abbia perduto. I morti, se li contiamo, sono più di bambini che di soldati; le macerie sono di città che avevano venticinque secoli di vita... E se ora milioni di bambini sono stati uccisi, se tanto che era sacro è stato lo stesso colpito e distrutto, la sconfitta è anzitutto di questa 'cosa' che c'insegnava l'inviolabilità loro. Questa 'cosa' non è altro che la cultura: lei che è stata pensiero greco, ellenismo, romanesimo, cristianesimo latino, cristianesimo medioevale, umanesimo, riforma, illuminismo, liberalismo... E se il fascismo ha avuto modo di commettere tutti i delitti  che questa cultura aveva insegnato ad esecrare già da tempo, non dobbiamo chiedere proprio a questa cultura come e perché il fascismo ha potuto commetterli?... Essa ha predicato, ha insegnato, ha elaborato principi e valori, ha scoperto continenti e costruito macchine ma non si è identificata con la società, non ha governato con la società, non ha condotto eserciti per la società... L'uomo ha sofferto nella società, l'uomo soffre. E che cosa fa la cultura per l'uomo che soffre? Cerca di consolarlo. Per questo suo modo di consolatrice in cui si è manifestata fino ad oggi, la cultura non ha potuto impedire gli orrori del fascismo. Nessuna forza sociale era 'sua' in Italia o in Germania per impedire l'avvento al potere del fascismo... Potremo mai avere una cultura che sappia proteggere l'uomo dalle sofferenze invece di limitarsi a consolarlo? Una cultura che le impedisca, che le scongiuri, che aiuti a eliminare lo sfruttamento e la schiavitù, e a vincere il bisogno, questa è la cultura in cui occorre che si trasformi tutta la vecchia cultura... Io mi rivolgo a tutti gli intellettuali italiani che hanno conosciuto il fascismo. Non ai marxisti soltanto, ma anche agli idealisti, anche ai cattolici, anche ai mistici. Vi sono ragioni dell'idealismo o del cattolicesimo che si oppongono alla trasfor­mazione della cultura in una cultura capace di lottare contro la fame e le sofferenze?

 

In questo articolo comparso sul 1946 sul n.31-32 del Politecnico Vittorini esprime con chiarezza la necessità che la cultura sia libera da ogni costrizione di tipo politico:

 

Certo la politica è parte della cultura. E certo la cultura ha sempre un valore anche politico. L’una, certo, è cultura diventata azione. L’altra ha un valore anche politico nella misura in cui inclina a diventare azione. Ma l’una, la politica, agisce in genere sul piano della cronaca. La cultura, invece, non può non svolgersi all’infuori da ogni legge di tattica e di strategia sul piano diretto della storia. Essa cerca la verità e la politica, se volesse dirigerla, non farebbe che tentare di chiuderla nella parte già trovata della verità. Soprattutto non vorrebbe lasciarla sbagliare, e l’errore è necessario pungolo alla cultura perché si rinnovi.



[1] Cattaneo aveva creato Il Politecnico. Repertorio mensile di studi applicati perché diventasse sussidio e conforto alla prosperità comune ed alla convivenza civile: La  Rivista, fondata a Milano nel 1839 si proponeva di contribuire all’ aggiornamento della cultura in ambito tecnico e scientifico, sia riguardo alle scienze naturali (come la chimica, la fisica) sia alle scienze tecnologiche, che quelle umane (come la linguistica, la sociologia, la storia, l'economia).

 

 

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