Nel territorio del Friuli Venezia Giulia, regione autonoma istituita nel 1964, convivono due realtà storico-culturali diverse anche sul piano linguistico: la parte con popolazione che parla dialetti di ceppo friulano (circa 430.000 persone) e la parte che comprende la città di Trieste e le frange dell’area giuliana e istriana comprese nel territorio italiano (gran parte di quest’area è stata integrata nel territorio sloveno e croato).
I dialetti di ceppo friulano (che si dividono in carnico, occidentale e centro-orientale) sono concentrati nelle province di Udine, Pordenone e Gorizia anche se nel goriziano coesistono con lo sloveno. La cultura regionale friulana è decisamente molto viva e la consapevolezza di una identità linguistica ben precisa è sostenuta da iniziative associazionistiche, ma anche editoriali ed accademiche, per la valorizzazione e diffusione delle parlate friulane: negli ultimi decenni il problema principale della rivitalizzazione dell’idioma e della cultura tradizionali è stato quello dell’elaborazione di una varietà sopralocale che tenesse conto della precedente koinè letteraria alla luce però delle istanze della nuova generazione di scrittori e letterati, primi fra tutti Pier Paolo Pasolini. Il processo di promozione del friulano a lingua ufficiale affiancata all’italiano non è stato interessato però, almeno fino ad anni recenti, da spinte anti-unitarie; anzi, nei territori della regione rimasti all’Austria fino al 1918 la rivendicazione della specificità locale, alimentata anche dalla riflessione scientifica del glottologo goriziano Graziadio Isaia Ascoli e dai suoi Saggi Ladini (1873), ha sostenuto i movimenti irredentisti filo-italiani.
A Trieste e nei principali centri urbani della regione si parla una varietà di italiano interessata da tratti veneti che trova le sue radici nel veneto tecnico delle attività mercantili e marinare che, fin dal XIV secolo, si diffuse sulla costa adriatica e nelle grandi città di mare in stretti rapporti con la Serenissima. Questa varietà nel corso dell’Ottocento ha sostituito progressivamente il tergestino, il dialetto friulano tradizionale di questa zona, tramandato e conservato tenacemente dai nobili locali. Le vicende storiche della città di Trieste hanno determinato il persistente conflitto, anche linguistico, tra l’elemento slavo (rappresentato almeno dal 10% della popolazione triestina) e quello italiano: negli ultimi decenni si è accentuato il sentimento di localismo triestino che è largamente confluito nel sostegno e partiti che si sono presentati come difensori dell’italianità .
La minoranza slovena (circa 60-80.000 persone) si concentra nella zona di confine tra la regione e la Repubblica di Slovenia, chiamata Slavia Veneta, e nelle zone rurali intorno a Gorizia, oltre che nella città di Trieste. Altra isola linguistica presente nella regione è quella delle comunità germanofone della Carnia e del Tarvisiano che parlano un dialetto di probabile origine tirolese. Una zona particolarmente interessante, per il plurilinguismo che vi è rappresentato, è quella della val Canale tra Pontebba e Tarvisio dove si alternano e si sovrappongono la parlata germanica carinziana, lo sloveno e il friulano affiancate dall’italiano, dal tedesco e dallo sloveno standard.