Il cinema approdò in Italia pochi mesi dopo la prima proiezione pubblica a pagamento dei
fratelli Lumière (Parigi, 28 dicembre 1895), protagonisti della nascita del nuovo mezzo di
comunicazione di massa e suoi principali promotori nella fase iniziale. Nel marzo del 1896, infatti, ebbero luogo le prime proiezioni pubbliche, per iniziativa degli stessi fratelli Lumière, a Roma e Milano.
Nel giro di pochi anni, sorsero le prime sale cinematografiche e presero forma le prime produzioni italiane, prevalentemente di carattere storico, tra cui "La presa di Roma" (1905, primo film italiano a soggetto) di Filoteo Alberini, che nel 1906 fondò anche una delle prime case di produzione del nostro paese: la Cines, con sede a Roma. Contemporaneamente, nacquero la Ambrosio (Roma, 1905), la Itala Film (Torino, 1906) e la Partenope Film (Napoli, 1907).
I primi successi cinematografici, con un'importante diffusione anche all'estero, furono "Gli ultimi giorni di Pompei" (1908),
"L'Inferno" (1911), "La caduta di Troia" (1911),
"Quo Vadis?" (1913) e, soprattutto,
"Cabiria" (1914), film-celebrazione della romanità trionfante, le cui didascalie furono scritte da
Gabriele D'Annunzio. Con lo scoppio della prima guerra mondiale, le produzioni italiane, come quelle di altri paesi europei, si concentrarono sulle tematiche dell'eroismo. Non a caso, Maciste, l'eroe della forza introdotto con "Cabiria", venne ripreso e coniugato al presente in "Maciste alpino" (1916), con "l'intento di produrre identificazione con la figura dell'eroe ed entusiastica adesione a una guerra rappresentata in un aspetto assai familiare" (G.P. Brunetta, 1999, pag. 267).
Nel frattempo, il regista Nino Martoglio tentava la via del realismo con "Sperduti nel buio" (1914), mentre i
futuristi pubblicavano un manifesto della cinematografia (1916) e proponevano film provocatori e anticonvenzionali come "Vita futurista" (1916) di Arnaldo Ginna e
"Thaïs" (1917) di Anton Giulio Bragaglia, ma ad affermarsi presso il grande pubblico, accanto ai kolossal epico-storici, furono i drammi sentimentali dei film diretti da Mario Caserini, Carmine Gallone, Augusto Genina, e interpretati dai primi divi del cinema italiano, tra cui,
Lyda Borelli, Francesca Bertini, Pina Menichelli, Emilio Ghione (nel ruolo di Za-la-Mort), Mario Bonnard e Bartolomeo Pagano (Maciste). In questa prospettiva, però, il successo maggiore fu quello di un altro attore italiano, che trovò fortuna non nel nostro paese, ma negli Stati Uniti, dove emigrò a 18 anni:
Rodolfo Valentino, prototipo del "latin lover", autentica icona degli anni '20 e primo esempio di
divismo di massa nella storia del cinema.
D'altra parte, dopo la prima guerra mondiale, furono proprio le produzioni hollywoodiane a dominare sugli schermi europei, mentre il cinema italiano sperimentava una crisi da cui sarebbe uscito solo con
l'avvento del sonoro.