Renzo, fuggito da Milano, torna al paese devastato dai lanzichenecchi e passando davanti alla sua vigna ne osserva tristemente lo stato d'abbandono (cap. XXXIII):
Era una marmaglia di d’ortiche, di felci, di logli, di gramigne, di farinelli, d’avene salvatiche, d’amaranti verdi, di radicchielle, d’acetoselle, di panicastrelle e d’altrettali piante... un guazzabuglio di steli, che facevano a soverchiarsi l’uno con l’altro nell’aria, o a passarsi avanti, strisciando sul terreno, a rubarsi in somma il posto per ogni verso; una confusione di foglie, di fiori, di frutti, di cento colori, di cento forme, di cento grandezze: spighette, pannocchiette, ciocche, mazzetti, capolini bianchi, rossi, gialli, azzurri.
La vigna invasa dalle erbacce può essere considerata un simbolo dell'esperienza drammatica vissuta da Renzo a Milano, un luogo dove la violenza degli uomini ha soffocato valori e sentimenti; ed è anche l'immagine della corruzione, del magma, del disordine che s'impadroniscono del mondo quando la ragione non tiene a freno la forza cieca della natura. Una forza potente e vitale (pomposi foglioni verde cupi, gran foglie lanose, lunghe spighe) e proprio per questo temibile e devastante:
Il rovo era per tutto; andava da una pianta all’altra, saliva, scendeva, ripiegava i rami o gli stendeva, secondo gli riuscisse; e, attraversato davanti al limitare stesso, pareva che fosse lì per contrastare il passo, anche al padrone.
Non a caso nella descrizione della vigna troviamo i termini “guazzabuglio” e “marmaglia” che Manzoni ha utilizzato per descrivere situazioni caotiche come l'assalto della folla ai forni durante la carestia che sconvolge Milano (cap. XII):
Dalla piazza de’ Mercanti, la marmaglia insaccò, per quell’altr’arco, nella via de’ fustagnai, e di lì si sparpagliò nel Cordusio. Ognuno, al primo sboccarvi, guardava subito verso il forno ch’era stato indicato. Ma in vece della moltitudine d’amici che s’aspettavano di trovar lì già al lavoro, videro soltanto alcuni starsene, come esitando, a qualche distanza della bottega, la quale era chiusa, e alle finestre gente armata, in atto di star pronti a difendersi. A quella vista, chi si maravigliava, chi sagrava, chi rideva; chi si voltava, per informar quelli che arrivavan via via; chi si fermava, chi voleva tornare indietro, chi diceva: - avanti, avanti -. C’era un incalzare e un rattenere, come un ristagno, una titubazione, un ronzìo confuso di contrasti e di consulte.
o sentimenti complessi e contraddittori come quelli che si agitano nel cuore del padre di Gertrude (cap.X):
Il principe era stato fino allora in una sospensione molto penosa: a quella notizia, respirò, e dimenticando la sua gravità consueta, andò quasi di corsa da Gertrude, la ricolmò di lodi, di carezze e di promesse, con un giubilo cordiale, con una tenerezza in gran parte sincera: così fatto è questo guazzabuglio del cuore umano.