I sonetti di Machiavelli

    Dal carcere, Machiavelli invia a Giuliano de’ Medici questi sonetti che descrivono in modo ironico la sua triste condizione:

     

    Io ho, Giuliano, in gamba un paio di geti/e sei tratti di fune in sulle spalle;/l'altre miserie mie non vo' contalle,/poiché così si trattano i poeti/Menon pidocchi queste parieti/grossi e paffuti che paion farfalle,/né mai fu tanto puzzo in Roncisvalle/o in Sardigna fra quegli arboreti/quanto nel mio sì delicato ostello.

     

    In questa notte, pregando le Muse, /che con lor dolce cetra e dolci carmi /dovesser visitar, per consolarmi, /Vostra Magnificenzia e far mie scuse,/una comparse a me, che mi confuse,/dicendo: – Chi se' tu, ch'osi chiamarmi? -/Dissigli il nome; e lei, per straziarmi,/mi battĂ© al volto e la bocca mi chiuse,/dicendo: – Niccolò non se', ma il Dazzo,/ poichĂ© ha' legato le gambe e i talloni, /e sta' ci incatenato come un pazzo./Io gli volevo dir le mie ragioni;/lei mi rispose, e disse: – Va al barlazzo,/con quella tua commedia in guazzeroni. /DĂ tegli testimoni,/Magnifico Giulian, per l'alto Iddio,/come io non sono il Dazzo, ma sono io.

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