"A la sampogna" (estratto)

    Per la qual cosa io ti prego, e quanto posso ti ammonisco, che de la tua selvatichezza contentandoti, tra queste solitudini ti rimanghi. A te non si appertiene andar cercando gli alti palagi de préncipi, né le superbe piazze de le populose cittadi, per avere i sonanti plausi, gli adombrati favuri, o le ventose glorie, vanissime lusinghe, falsi allettamenti, stolte et aperte adulazioni de l'infido volgo. Il tuo umile suono mal si sentirebbe tra quello de le spaventevoli buccine o de le reali trombe. Assai ti fia qui tra questi monti essere da qualunque bocca di pastori gonfiata, insegnando le rispondenti selve di risonare il nome de la tua donna, e di piagnere amaramente con teco il duro et inopinato caso de la sua immatura morte […]

     

    Con ciò sia cosa che chi non sale, non teme di cadere; e chi cade nel piano, il che rare volte adiviene, con picciolo agiuto de la propria mano, senza danno si rileva. Onde per cosa vera et indubitata tener ti puoi, che chi più di nascoso e più lontano da la moltitudine vive, miglior vive; e colui tra' mortali si può con più verità chiamar beato, che senza invidia de le altrui grandezze, con modesto animo de la sua fortuna si contenta.

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