La Certosa è il cimitero di Bologna, così chiamato perché si trova vicino a un monastero di Certosini. Carducci scrive questa poesia – che fa parte della raccolta Rime e ritmi – quando è ormai avanti negli anni, nel 1895.
Da quel verde, mestamente pertinace tra le foglie
Gialle e rosse de l’acacia, senza vento una si toglie:
E con fremito leggero
Par che passi un’anima.
Velo argenteo par la nebbia su ’l ruscello che gorgoglia,
Tra la nebbia ne ’l ruscello cade a perdersi la foglia.
Che sospira il cimitero,
Da’ cipressi, fievole?
Improvviso rompe il sole sopra l’umido mattino,
Navigando tra le bianche nubi l’aere azzurrino:
Si rallegra il bosco austero
Già de ’l verno prèsago.
A me, prima che l’inverno stringa pur l’anima mia
Il tuo riso, o sacra luce, o divina poesia!
Il tuo canto, o padre Omero,
Pria che l’ombra avvolgami!
Siamo d’autunno, e neppure la natura può sottrarsi allo scorrere inesorabile del tempo: le foglie verdi dell’acacia si ostinano a non ingiallire (mestamente pertinace) ma prima o poi sono destinate a cadere e a perdersi nell’acqua del ruscello; il sole all’improvviso illumina il bosco e lo rallegra, ma l’inverno è comunque vicino. Al poeta, che sente avvicinarsi l’inverno della sua vita, non resta che invocare l’aiuto del padre Omero e della divina poesia, uniche potenti difese contro la morte e l’oblio.