La locomotiva (F. Guccini), 1972

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Francesco Guccini. Foto di "Il Fatto Quotidiano". Fonte: Flickr

Il 20 luglio 1893 il macchinista anarchico Pietro Rigosi si impadronì di una locomotiva a vapore per lanciarla a tutta velocità contro un treno di “signori”. Alla stazione di Bologna la locomotiva venne deviata su un binario morto e l’attentatore, sbalzato fuori, si salvò per miracolo. A questo episodio reale Francesco Guccini dedica nel 1972 (album Radici) quella che, con l’Avvelenata, è forse la ballata più popolare del suo repertorio, bis d’obbligo (almeno quanto il fiasco di vino) dei suoi concerti. Qui il cantautore modenese esprime al meglio il suo legame col territorio, la sua conoscenza della tradizione popolare (Guccini è stato ricercatore sul campo per la Discoteca di Stato, oltre che autore di un vocabolario – mai concluso – del dialetto di Pàvana, il suo paese natale sull’Appennino, prima di diventare anche scrittore di successo, con Loriano Macchiavelli) e il legame con la canzone anarchica di Pietro Gori.

 

Il linguaggio è quello epico della ballata, di sapore ottocentesco, gonfio di generosa retorica (la bomba proletaria, la fiaccola dell’anarchia), ma la dimensione leggendaria, di una vicenda lontana nel tempo e trasmessa attraverso la memoria popolare, di cui Guccini si fa cantastorie, la rende innocua nonostante la tragica realtà della stagione degli attentati ai treni negli anni Settanta.



Non so che viso avesse, neppure come si chiamava,
con che voce parlasse, con quale voce poi cantava,
quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli,
ma nella fantasia ho l’immagine sua:
gli eroi son tutti giovani e belli,
gli eroi son tutti giovani e belli,
gli eroi son tutti giovani e belli...

Conosco invece l’epoca dei fatti, qual era il suo mestiere:
i primi anni del secolo, macchinista, ferroviere,
i tempi in cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti
sembrava il treno anch’esso un mito di progresso
lanciato sopra i continenti,
lanciato sopra i continenti,
lanciato sopra i continenti...

E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano
che l’uomo dominava con il pensiero e con la mano:
ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite,
sembrava avesse dentro un potere tremendo,
la stessa forza della dinamite,
la stessa forza della dinamite,
la stessa forza della dinamite...

Ma un’altra grande forza spiegava allora le sue ali,
parole che dicevano “gli uomini son tutti uguali”
e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via
la bomba proletaria e illuminava l’aria
la fiaccola dell’anarchia,
la fiaccola dell’anarchia,
la fiaccola dell’anarchia...
[...]

E sul binario stava la locomotiva,
la macchina pulsante sembrava fosse cosa viva,
sembrava un giovane puledro che appena liberato il freno
mordesse la rotaia con muscoli d’ acciaio,
con forza cieca di baleno,
con forza cieca di baleno,
con forza cieca di baleno...
[...]

Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva
e sibila il vapore e sembra quasi cosa viva
e sembra dire ai contadini curvi il fischio che si spande in aria:
”Fratello, non temere, che corro al mio dovere!
Trionfi la giustizia proletaria!
Trionfi la giustizia proletaria!
Trionfi la giustizia proletaria!”
[...]

Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore
mentre fa correr via la macchina a vapore
e che ci giunga un giorno ancora la notizia
di una locomotiva, come una cosa viva,
lanciata a bomba contro l’ingiustizia,
lanciata a bomba contro l’ingiustizia,
lanciata a bomba contro l’ingiustizia!

 


Lorenzo Coveri
[Da: Italia linguistica: gli ultimi 150 anni, nuovi soggetti, nuove voci, un nuovo immaginario, a cura di Elisabetta Benucci e Raffaella Setti, Firenze, Le Lettere, 2011, pp. 91-92].

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