La letteratura rusticana

     

    L’ingresso degli umili all’interno del romanzo è segnato dai Promessi sposi (1827) di Alessandro Manzoni, che produsse scandalo fra i contemporanei ponendo come protagonisti del racconto «due villanucci» (così ebbe a definire Renzo e Lucia Niccolò Tommaseo).

     

    Nel corso dell’Ottocento l’interesse rivolto al popolo e alla cultura popolare si concentra soprattutto sul mondo agrario, tanto che solo in misura marginale – e nelle regioni più interessate dall’industrializzazione – si studia la cultura subalterna urbana o la si fa protagonista di opere letterarie. Il contadino, sia nei testi letterari sia in quelli di carattere socio-pedagogico, assume un ruolo etico esemplare, ribaltando la tradizione antica della satira antivillanesca. La campagna diventa luogo della moralità garantita da consuetudini immutabili che sembrano neutralizzare il pericolo della lotta di classe. Di qui, la fortuna della letteratura cosiddetta “campagnola”, che in Italia fiorisce – soprattutto in area lombardo-veneta – tra gli anni Quaranta e Sessanta, anche sull’esempio dei romanzi campestri di George Sand (La palude del diavolo, 1846; La piccola Fadette, 1849; I maestri suonatori, 1853).

     

    Alla base della vasta letteratura di romanzi e racconti campagnoli – che annovera fra gli autori Giulio Carcano (1812-1882), Caterina Percoto (1812-1887), Luigia Codemo (1828-1898), Ippolito Nievo (1831-1861) – è l’esigenza risorgimentale di coinvolgere nelle lotte nazionali un mondo che appariva estraneo e passivo rispetto allo sviluppo economico e sociale. Questo spiega l’insistenza sui motivi filantropici, come anche il tono moralistico, nonché la rappresentazione di maniera che caratterizza questo genere letterario.

     

    [tratto con adattamenti da: http://www.laterzalibropiuinternet.it/download/santagata/santagata025.pdf]

    Tag:

    Chiavi di VIVIT: