La lettera a Nora Baldi

     

    In una lettera del 1955 indirizzata all'amica Nora Baldi, Saba parla dell'infelice matrimonio dei suoi genitori e del duro carattere della madre:

     

    Esisteva, nel 1882 un uomo che vendeva mobili a schede (a rate). Era vedovo, con una bambina, figlio di un pittore che faceva quadretti di genere (credo di frutta, per appenderli nelle camere da pranzo d’allora) e di una Arrivabene. Quando aveva circa quarant’anni, un sensale di matrimoni (si chiamava Tomba), gli propose mia madre, che non era molto più giovane di lui. Fu accettato. Per 4000 fiorini lo sciagurato si fece circoncidere, cambiò il suo nome in quello di Abramo, e (puoi immaginarti con quale nascosto rancore) sposò mia madre, che teneva allora un negozietto di mobili. Il primo litigio scoppiò per l’abito di nozze che costava 13 soldi al metro. Il disgraziato supplicò invano mia madre, di comperarne un altro per via del numero che portava scalogna. (Mia madre non era ignobile; ma non sapeva vivere, né lasciar vivere gli altri) […] Il giorno della mia nascita (un venerdì, 9 marzo del 1883; vedi come tutto ha qualcosa di fatale) egli era in prigione per lesa maestà (F. Giuseppe): credo piuttosto per scappare da mia madre: tanto più che i soldi erano finiti, e i parenti non volevano tirarne fuori degli altri. Quando si accingevano a coprirmi, mia madre si oppose, dicendo che se vivevo vivevo, e se morivo morivo…

     

    [Da: Nora Baldi, Lettere ad un'amica. Settantaquattro lettere a Nora Baldi, Torino, Einaudi, 1966]

     

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