Per Pavese l'arte, intesa come scoperta del mondo, è sempre un ritorno all’infanzia, l’età in cui si viene in contatto per la prima volta con le persone e con le cose; un’età che nel corso della vita viene trasformata, rivissuta, ripensata e quindi arricchita. Per questo è l’epoca più importante della vita di ogni uomo e perenne fonte d’ispirazione per l’artista. Così scrive Pavese in alcune pagine del suo diario, Il mestiere di vivere:
Ogni cosa che ci è accaduta (nell’infanzia) è una ricchezza inesauribile: ogni ritorno a lei l’accresce e l’allarga, la dota di rapporti e l’approfondisce. L’infanzia non è soltanto l’infanzia vissuta, ma l’idea che ce ne facemmo nella giovinezza, nella maturità , ecc. Per questo appare l’epoca più importante: perché la più arricchita dai ripensamenti successivi (10 dicembre 1938).
Suo motivo perenne è la scoperta delle cose, scoperta che può avvenire, nella sua forma più pura, soltanto nel ricordo dell’infanzia. […] E in arte si esprime bene soltanto ciò che fu assorbito ingenuamente. Non resta, agli artisti, che rivolgersi e ispirarsi all’epoca in cui non erano ancora artisti, e questa è l’infanzia (12 febbraio 1942).