L'anguilla chiude Silvae, quinta sezione de La Bufera e altro. Questo animale umile, mai cantato prima da un poeta, rappresenta l'amore come forza naturale e irrefrenabile. La donna e l'anguilla si fondono nella sirena, creatura mitica e terrestre, che dà vita (accende) a ciò che sembra solo putrido, morto – le pozze, i botri, il fango – e guidata dall'istinto, inarrestabile percorre spazi immensi per riprodursi.
La forma del testo corrisponde al contenuto: un unico lunghissimo periodo di trenta versi, scanditi da parole che descrivono l'anguilla (freccia d'Amore, anima verde, scintilla, iride) e che assumono un ritmo sempre più incalzante fino a terminare con un sinuoso punto interrogativo...
L’Anguilla, la sirena
dei mari freddi che lascia il Baltico
per giungere ai nostri mari,
ai nostri estuari, ai fiumi
che risale in profondo sotto la piena avversa,
di ramo in ramo e poi
di capello in capello, assottigliati,
sempre più addentro, sempre più nel cuore
del macigno, filtrando
tra gorielli di melma finché un giorno
una luce scoccata dai castagni
ne accende il guizzo in pozze d’acquamorta,
nei fossi che declinano
dai balzi d’Appennino alla Romagna;
l’anguilla, torcia, frusta,
freccia d’Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione;
l’anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l’arsura e la desolazione;
la scintilla che dice
tutto incomincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco seppellito;
l’iride breve, gemella
di quella che incastonano i tuoi cigli
e fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell’uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
non crederla sorella?