Il critico letterario Walter Binni nel capitolo II del suo saggio dedicato a Goldoni – La Misura umana e la posizione storica del Goldoni[1] – sottolinea la fiducia nella vita, l’ottimismo, il rispetto per l’attività umana e l’odio per l’ipocrisia, grande nemica, sua personale e dell’intero Settecento illuministico. A questo inutile e dannoso vizio che impedisce la comunicazione fra gli uomini, Goldoni oppone i valori morali e civili della sincerità, della franchezza, del senso dell’onore. Riportiamo di seguito un passo del saggio.
[…] Goldoni non lotta come l'Alfieri contro il limite della realtà, non sente l'amara scontentezza di una vita e di una civiltà contro cui l'Alfieri reagiva con la sua ansia di infinito, con il suo individualismo titanico, con la sua rivolta preromantica ed eroico-pessimistica. Egli accetta il limite della realtà, con fiducia e letizia, sente la ricchezza inesauribile della realtà e la ama; soprattutto la realtà umana, la casa, la città degli uomini, le loro relazioni socievoli, il saldo terreno su cui si svolge l'avventura ricca ed avvincente della vita.
D'altra parte il Goldoni sentì anche fortemente e spontaneamente (non tanto attraverso studi e letture, quanto attraverso un'esperienza viva e congeniale) i valori della civiltà illuministica come si realizzò in Italia, specie nelle sue forme più popolari e comuni. E anzitutto egli sentì con grande serietà il valore della vita, ebbe fiducia nei suoi precisi termini mondani, nell'assenza di ogni spiegazione e destinazione metafisica e trascendente.
[1] Walter Binni, Il Settecento letterario. Carlo Goldoni, in Storia della Letteratura Italiana, a cura di Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, vol. VI, Garzanti, Milano 1968.