«Naturalezza, spontaneità , equilibrio, tranquilla armonia, forme aggraziate ed eleganti, quanto insomma aveva teorizzato e praticato l'Arcadia, trovano nel maggior poeta arcadico, Pietro Metastasio, l’esemplificazione più autorevole. Metastasio attua nel libretto del melodramma una selezione linguistica notevole. Usa un lessico ridotto, limpido, e una sintassi elementare; una lingua quasi povera, ma anche semplice, chiara, precisa. La fortuna e la grande importanza storica del linguaggio metastasiano va riconosciuta appunto nella semplicità , nell’ordine, nella simmetria con la quale raggiunge la rarefazione assoluta che contraddistingue le sue notissime “ariette”, dove il testo pare predisporsi naturalmente per essere musicato […]. Le arie sono di levigata cantabilità , i segmenti della frase bilanciatissimi. Una misura ritmica guida, prima della musica, il significato, e la convenzionalità concettuale è riscattata entro “oggetti ritmici” in sé perfetti, che trasmettono immediatamente un loro incanto fonico-ritmico. Agli antipodi di quello che sarà il linguaggio scabro ed elevato dell’Alfieri, il linguaggio armonioso del Metastasio riuscirà cosi intellegibile a un vasto pubblico. Si spiega l’enorme influenza di Metastasio sull’opera seria, e poi sull’opera buffa, che si prolunga ben oltre il Settecento, proprio per la nuova aderenza tra parola e musica che Metastasio aveva saputo proporre. Mentre in Italia il predominio linguistico del francese dilaga a tutti i livelli, l’italiano per musica si diffonde e si impone su tutti i palcoscenici d’Europa.»
Gian Luigi Beccaria, La letteratura in versi. Dal Settecento al Novecento, in Storia della lingua italiana, a cura di Luca Serianni e Pietro Trifone, Torino, Einaudi, 1993, Volume primo: I luoghi della codificazione, p. 682.
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