Errori nel rapporto tra fonema e segno grafico

    Ortografia

    La prima causa di errori ortografici è data dalla non chiara conoscenza del modo di rappresentare alcuni fonemi della nostra lingua con i segni alfabetici tradizionali. Queste difficoltà riguardano soprattutto i fonemi /ɲ/, /k/, /g/, /tʃ/, /dʒ/, /ʃ/, /ʎ/ che possono essere rappresentati con gruppi di lettere o lettere diverse. Per evitare errori in questo settore non si può fare altro che imparare bene le equi­valenze tra fonemi e grafie.

    Sono comunque da segnalare, come casi di più frequente incertezza, i seguenti:

     

    - il plurale dei nomi femminili in -cia e -gia si scrive con -cie, -gie, o -ce, -ge, a seconda se, prima della c o della g vi sia una vocale (acaciaacacie; ciliegiaciliegie) o una consonante (guancia guance; spiaggiaspiagge).

     La i, anche se non si pronuncia, si conserva nella grafia delle parole cieco, cielo, scienza, coscienza, già segnalate, e della desinenza della la persona plurale dell’indicativo pre­sente dei verbi in -gnare (lagniamo, disegniamo, ecc.);

     

    - la q si raddoppia con cq (acqua, acquisto), ma fa eccezione soqquadro;

     

    - la diversa grafia cuo e quo non rispecchia assolutamente alcuna differenza di pronuncia, ma è legata soltanto ai precedenti storici delle parole. La grafia quo si conserva nelle poche parole che l’avevano in latino (quota, quotare, quotazione, quoziente, quotidiano, liquore, iniquo), mentre la grafia cuo è delle parole derivate da forme latine in co, che hanno subito la dittongazione di ŏ breve aperta in uo (lat, cŏr → ital. cuore; lat. cŏcere → ital. cuocere; lat. schŏla → ital. scuola). Il consi­glio pratico non può essere che questo: ricordare le poche parole con la grafia quo;

     

    - la grafia qua, que, qui è l’unica possibile quando ua, ue, ui rappresentano dittonghi (quale, questo, quindi da pronunciare in sillabe qua-le, questo, quin-di); mentre davanti a ua, ue, ui non dittonghi si usa e (lacuale ‘di lago’, proficue e cui, da pronunciare in sillabe la-cu-a-le, pro-fi-cu-e, cu-i);

     

    - le nasali m e n sono seguite da consonanti di tipo diverso: la m è seguita soltanto dalle bilabiali p e. b (impossibile, impero, imbuto, imbiancare); la n può essere seguita da tutte le altre, escluse p e b (intero, indice, incominciare, inguine, inferno, ecc.);

     

    - il gruppo zi seguito da vocale si pronuncia doppio (/ttsi + voc./), ma si scrive con una sola z (vizio /'vittsio/; stazione /sta'ttsione/);

     

    - la distinzione tra principî (pronunciabile princìpi o princìpii, plurale di principio) e principi (plurale di principe); e così tra osservatorî (da osservatorio) e osservatori (da osservatore), arbitrî (da arbitrio) e arbitri (da arbitro), ecc.;

     

    - la h non corrisponde a nessun suono: si usa per dare valore velare alle lettere c e g e per distinguere alcune voci del verbo avere da altre parole (ho / o; hai / ai; ha / a; hanno / anno).

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