D’Annunzio e il mito del superuomo

    Letteratura e teatro

    Secondo il critico Carlo Salinari l’idea del superuomo non appartiene solo a D’Annunzio, non è un suo esclusivo bisogno psicologico né un vezzo intellettualistico; questa l’idea affonda le radici in un contesto storico, sociale e politico ben preciso, che segna la fine degli ideali risorgimentali e, dopo il governo autoritario di Crispi, vede davanti a sé un futuro incerto, proiettato verso conquiste coloniali destinate a concludersi con la sconfitta di Adua. Il superuomo, quindi, non ha un’origine solo individuale ma è frutto dell’elaborazione e dell’esperienza storica di alcuni gruppi intellettuali della generazione post-unitaria.

     

    Il superuomo dannunziano, al suo primo apparire, presenta alcune caratteristiche che potrebbero così riassumersi: culto dell’energia dominatrice sia che si manifesti come forza (e violenza)o come capacità di godimento o come bellezza; ricerca della propria tradizione storica nella civiltà pagana, greco-romana, e in quella rinascimentale; concezione aristocratica del mondo e conseguente disprezzo della massa, della plebe e del regime parlamentare che su di essa è fondato; l’idea di una missione di potenza e di grandezza della nazione italiana da realizzarsi soprattutto attraverso la gloria militare; giudizio totalmente negativo sull’Italia post-unitaria e necessità di energie nuove che la sollevino dal fango; concetto naturalistico, basato sul sangue e sulla stirpe ed altri elementi fisici, sia della nazione che del superuomo destinato a incarnarla e a guidarla.

     

    Questo superuomo non ha avuto molta fortuna presso i critici. Alcuni l’hanno utilizzato per creare un’immagine leggendaria di D’Annunzio – eroe, legionario sprezzante del pericolo - dall’altra hanno voluto sbarazzarsene come di un fenomeno astratto, sovrapposto volontaristicamente da D’Annunzio alla sua vera natura – meno eroica e solare, più intima, discreta e notturna – creando così, in modo arbitrario e privo di giustificazione scientifica, una frattura nella personalità e nell’opera dello scrittore.

     

    Oggi la critica non considera più il superuomo una sorta di capriccio letterario, di sovrapposizione esterna, di astrazione intellettualistica, ma si accinge a una valutazione storica e scientifica dell’opera dannunziana; essa è portata ad esaminare da vicino gli elementi che lo compongono, per rendersi conto della loro reale portata nella personalità del D’Annunzio. Ed è messa sull’avviso dal fatto che lo scrittore abruzzese considerava apertamente questo periodo come il punto d’arrivo della sua evoluzione e dei suoi esperimenti precedenti, che il periodo superomistico non si esaurisce rapidamente come altri momenti ma abbraccia la totalità della sua produzione posteriore.

     

    Il superuomo, però, non nasce isolato ma all’interno di un movimento che comprende le due riviste più importanti degli ultimi anni del secolo, il Convito di Roma e il Marzocco di Firenze e quindi corrisponde ad orientamenti profondi dello spirito pubblico italiano del tempo e non a caso sorge in un momento di crisi acuta della società italiana, alla fine del governo di tipo autoritario instaurato da Crispi e alla vigilia della sconfitta di Adua. Dei vari elementi che concorrono a formare il superuomo è proprio quest’ultimo quello che maggiormente colpisce lo storico oggi: l’aderenza delle posizioni dannunziane ad atteggiamenti ch’erano venuti maturando in alcuni gruppi della classe dirigente e degli intellettuali nei decenni successivi all’unità d’Italia. È dunque in questo sviluppo della realtà italiana e di quella parte dello spirito pubblico che ad essa si opponeva e da essa veniva alimentato, è nell’intreccio dei sentimenti delle generazioni posteriori all’unità d’Italia, nella corruzione operatasi con le vicende della storia nostra ed europea dei grandi miti risorgimentali che possiamo ora riconoscere, senza sforzo, una delle componenti di quei motivi che stanno alla base del superuomo dannunziana: la potenza, la guerra, la gloria, il disprezzo per le plebi, la concezione aristocratica del mondo, l’idea di Roma e della missione dell’Italia, il culto della bellezza.

     

    [Tratto con adattamenti da: Carlo Salinari, Miti e coscienza del Decadentismo italiano, Feltrinelli, Milano, 1960.]

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