Il lessico della cucina è caratterizzato da una grande, straordinaria varietà : varietà interna, in primo luogo, dovuta all’apporto multiforme dei dialetti alla lingua unitaria, soprattutto nel Novecento e nel secondo dopoguerra, quando la più ampia circolazione dei prodotti, l’intervento talora decisivo dell’industria alimentare, il costituirsi di un mercato su base nazionale prima e internazionale poi, hanno determinato l’emergere e l’affermarsi del patrimonio dialettale nella lingua nazionale. Con le casse dei maccheroni che già nel Gattopardo si immaginano in viaggio dal sud al nord d’Italia, hanno percorso la penisola termini e prodotti ormai entrati a pieno titolo in un patrimonio condiviso.
E poi varietà esterna, nel duplice aspetto dei termini stranieri (francesi, inglesi, ma ormai anche di altre lingue) entrati nella lingua della gastronomia, in tempi e con modi differenziati, e dei termini italiani che hanno fatto fortuna nel mondo. In questo senso, il settore del cibo e della cucina si presenta come uno dei più ricchi, dinamici, suggestivi, se non il più importante in senso assoluto. L’immagine dell’Italia all’estero o presso gli stranieri è strettamente, intimamente legata all’idea del suo cibo, che costituisce un modello di unanime apprezzamento, si direbbe quasi un mito (si pensi alla sensazionale, universale fortuna della parola pizza). Fra termini tradizionali e termini più moderni, in diversi livelli di pratica culinaria e corrispondenti valori sociali, il cibo italiano è un fattore potente di identità interna e di identificazione del concetto e dell’immagine dell’Italia all’estero.