4.2 Gli studi storico-filosofici

Vissuti a cavallo tra il sec. XVII e il sec. XVIII ma, appunto, già “precursori” in qualche modo delle nuove correnti, furono gli storici Ludovico Muratori (1672-1750) e Giambattista Vico (1668-1744).

Il primo, Prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano tra il 1695 e il 1700, e successivamente responsabile degli archivi ducali e della Biblioteca Estense di Modena, si formò sullo studio rigoroso di manoscritti e documenti antichi, dei quali preparò accurate edizioni. Da questo metodo critico nasceranno anche le sue imponenti opere storiografiche: si ricordano almeno i 25 volumi dei Rerum Italicarum Scriptores, successivamente compendiati in italiano col titolo di Annali d’Italia, e le Antiquitates italicae medii aevi, una nuova lettura del Medio Evo che restituì a quest’epoca, considerata fino ad allora di barbarie, la giusta portata nella storia della civiltà italiana. Tra le opere minori è degno di nota il trattato Della perfetta poesia (1706), nel quale, attraverso l’analisi della produzione lirica da Petrarca in poi, si individuano ideali estetici già rispondenti a quelli della riforma arcadica.

A Giambattista Vico, autodidatta e figura sostanzialmente isolata nell’orizzonte culturale della sua epoca, si deve la vigorosa sintesi storica dei Principi di una scienza nuova d’intorno alla natura delle nazioni, alla cui stesura e rielaborazione si dedicò dal 1720 fino alla fine dei suoi giorni. Il pensatore napoletano individuava il solo ambito possibile di conoscenza nella Storia, “scienza nuova”, l’unica disciplina che, grazie all’esame del passato, permetta all’uomo di comprendere meglio il presente. Pressoché dimenticata per tutto il Settecento, l’opera fu riscoperta solo dal Romanticismo, alla cui sensibilità maggiormente si avvicinava per l’ardita commistione, anche stilistica, di razionalità e fantasia.