A livello morfologico, i fenomeni più rilevanti sono:
(a) la tendenza a regolarizzare i paradigmi nominali e aggettivali, per lo più con l’adozione di maschili in -o / -i (l’agento «agente»; gli auti «autobus»; grando «grande») e femminili in -a / -e (la moglia «moglie»; le cimice «cimici»; inglesa «inglese»);
(b) gli scambi tra aggettivi e avverbi e il rafforzamento ‘analitico’ di comparativi e superlativi sintetici (il posto meglio «migliore»; guidare veloce «velocemente»; e tanta buona «tanto buona»; piu migliore; molto ottimo);
(c) la sovraestensione del clitico dativo ci, che assume anche il valore di «a lui», «a lei» (anche come allocutivo di cortesia) e «a loro» (ci mando un bacio; posso dirci una cosa?), che sembra marcato in diatopia come settentrionale o meridionale; al centro si generalizza piuttosto gli (come in genere nel parlato), ma spesso è sovraesteso anche al maschile le (ho incontrato tuo zio e le ho ridato i soldi), forse per ipercorrettismo, o per influsso dell’allocutivo di cortesia; notevoli anche sequenze di clitici contrarie all’ordine standard (non si ci vede «non ci si vede»);
(d) l’uso del possessivo suo anche per la III persona plurale, invece di loro (si hanno anche esempi come suo di lui, suo di loro);
(e) nel sistema verbale, gli scambi fra gli ausiliari dei verbi attivi, in rapporto ai diversi sostrati dialettali (ho rimasto; sono mangiato; vi avete sbagliato), la presenza di forme improprie ‘analogiche’, specie nel congiuntivo (potiamo «possiamo», vadi «vada», facci «faccia», stasse «stesse»), nel passato remoto (misimo «mettemmo») e nel participio passato (taciuto «fatto»), nonché la generale riduzione dei tempi e dei modi.