2.1. I ricettari del Trecento e del Quattrocento

Cucina
Banchetto medievale

Nel XIV secolo si assiste alla nascita delle prime raccolte di ricette di cucina in volgare. Giunteci sotto forma di manoscritti, generalmente accompagnate da testi di argomentazione simile, si presentano brevi e il più delle volte prive di un titolo specifico. Si tratta, infatti, di testi anonimi, nati per lo più come appunti presi da cuochi al servizio di ricchi signori, come promemoria per sé e per la propria cerchia di collaboratori.

 

Le tradizioni cui fanno capo questi antichi ricettari sono due: quella del Liber de coquina, intitolata così dal ricettario più antico conosciuto, scritto in latino, e quella che non circolò fuori dalla nostra penisola, ma durò più a lungo, dei 12 ghiotti, di probabile origine toscana, detta così per i numerosi riferimenti all'interno delle ricette a dodici ricchi goditori che dovevano essere i destinatari delle ricette e che si ipotizza possano identificarsi con la brigata spendereccia dantesca (Inf. XXIX, vv. 121-129).

 

Alla prima fanno capo due manoscritti conservati nella Bibliotheque Nationale de France.

Tra gli altri principali testi imparentati con il Liber de coquina vanno ricordati quello inedito contenuto in un manoscritto della Biblioteca Apostolica Vaticana; il Libro della cocina o Anonimo Toscano (Biblioteca Universitaria di Bologna), e il così detto Anonimo Meridionale A, conservato presso la Biblioteca Internazionale Gastronomica di Sorengo.

Il capostipite della seconda famiglia di ricettari, invece, è stato identificato con un manoscritto del 1338-39, redatto in Toscana e tutt'oggi conservato a Firenze. Di qui esso si sarebbe diffuso a Bologna, in Liguria, nel Veneto e nel sud della penisola. 

 

Passando al Quattrocento, il primo testo in volgare organizzato in maniera più definita e scritto in uno stile più chiaro è il Libro de arte coquinaria di Maestro Martino, composto probabilmente intorno al 1450 e conservato in originale a Washington. A esso si sarebbero ispirati altri autori, tra cui Bartolomeo Sacchi detto il Platina (dal luogo d'origine, Piadena in provincia di Mantova) che nel De honesta voluptate et valetudine traduce in latino le competenze culinarie ricavate dall'opera di Martino. Il Platina fu uno degli autori più stimati del Quattrocento italiano. Il suo trattato, infatti, – edito la prima volta a Roma in lingua latina nel 1474 (primo fra i libri di cucina stampati in Italia), poi a Venezia nel 1487 in lingua volgare – fu tradotto in tutta Europa, in francese, tedesco e inglese.