Leggi cosa pensa il giornalista musicale Renato Marengo di Lucio Battisti e della musica degli anni’70. Poi leggi le frasi che riassumo i diversi paragrafi e scegli quella che ti sembra corrispondente al brano che hai letto.
adattato da Renato Marengo (2010), Lucio Battisti: la vera storia dell’intervista esclusiva, Coniglio ed., Roma, pp.100-103.
Certamente, comunque, Lucio [Battisti –ndr.] non aveva nessuna idea di cosa fossero l’impegno sociale, il movimento studentesco; di cosa significasse fare concerti per sentirsi partecipi di una sorta di rivoluzione culturale; del fatto che ci si incontrava per confrontarsi, per contarsi, stare assieme. Di cosa significasse realmente una “musica impegnata”.
Per capire oggi cosa significasse “l’impegno” per chi faceva musica, occorre distinguere nettamente il tipo di musica sanremese – la musica leggera tutta rime, melodie melense e ritornelli accattivanti – da quella musica che si scandiva durante le manifestazioni al ritmo dei tamburi e tammorre [Strumento musicale a percussione, tamburo cilindrico fatto da pelle di animale tesa su un telaio circolare di legno al quale sono fissati dei cerchietti di latta], come quella degli Zezi di Pomigliano d’Arco, delle Nacchere Rosse, dei Tarantolati di Tricarico, della stessa Nuova Compagnia di Canto Popolare; ma anche da quella musica che si faceva nei grandi raduni rock, quella dei Rolling Stones, dei Led Zeppelin, di Franck Zappa, della PFM [PFM: Premiata Forneria Marconi, gruppo musicale italiano nato nel 1969 che si inserisce nel filone della musica progressiva o rock progressivo, poi etichettato sotto il termine, peraltro improprio, di "pop". In questo tipo di musica confluivano influenze classiche, jazz, di musica popolare, di rock - nei suoi molteplici aspetti - e di quel filone impregnato di romanticismo che affondava le proprie radici nelle ballate folk irlandesi e americane] da quella di tanti artisti che si stavano imponendo, alcuni dei quali in Italia in quel periodo erano prodotti proprio da me [Renato Marengo – ndr.], in vari generi musicali: artisti e produttori tutti ugualmente collegati alle realtà sociali che vivevamo e interpretavamo, e per le quali lottavamo in quei giorni nello sforzo di farle evolvere.
È utile soffermarci un attimo sulla situazione della musica di quegli anni venuti immediatamente dopo il ’68, quando nel bene e nel male un’intera generazione, spinta dal proprio entusiasmo e dalla propria giovanile energia, dalla voglia di cambiamento e di libertà , attratta dal coraggio e dall’icona del Che [Ernesto Guevara de la Serna, più noto come Che Guevara, o el Che, rivoluzionario e guerrigliero argentino, ebbe un ruolo determinante nella rivoluzione cubana tra il 1953 e il 1959], contraria al razzismo e alla guerra nel Vietnam, con una buona dose di utopia e di buona fede, mise il proprio secolo sottosopra, dichiarò guerra all’ipocrisia conservatrice dei propri genitori, all’egemonia della chiesa cattolica, rifiutandosi di accettare una vita piccolo-borghese, giacca-e-cravatta, capelli corti e barba ben rasata.
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