Le poesie di questo periodo prendono a modello gli autori latini (Orazio, Lucrezio, Virgilio) e quelli della più alta tradizione italiana (Dante, Alfieri, Parini, Leopardi, Foscolo), maestri di rigore formale e portatori di grandi valori etici: Carducci si proclama “scudiero dei classici”. Sono componimenti intrisi di spirito rivoluzionario e di sentimenti democratici e repubblicani: in Juvenilia (le liriche scritte in gioventù), Levia Gravia[1] (“leggere e serie”) e Giambi ed epodi, Carducci polemizza aspramente contro lo Stato, incapace di portare a compimento gli ideali risorgimentali sottraendo Roma al dominio del papato. Il tono fortemente anticlericale di queste poesie (soprattutto Giambi ed epodi) trova la sua massima espressione nell’Inno a Satana, dove il demonio, rappresentato dalla locomotiva, è il simbolo della ragione umana che costruisce il futuro e il progresso.
[1] Il titolo sottintende la parola latina carmina(poesie) è formato dall’accostamento di due plurali (levia: leggere e gravia: pesanti, serie) senza congiunzione, secondo l’uso classico.