Livello linguistico (Quadro comune europeo di riferimento):
C
Obiettivi contenutistici:
la scoperta del paesaggio toscano attraverso la tradizione letteraria, figurativa e cinematografica
Indici linguistici:
introduzione alla dimensione storica della lingua italiana
Testi:
Linea verde: “Viaggio nella valle del Chianti”
G. Boccaccio, “Decameron”
F. Tozzi, “Il podere”
Link:
http://vocabolario.signum.sns.it/
http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/
http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=4375&ctg_id=44
http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=7648&ctg_id=93
Autore:
Valentina Gallo
Tempo stimato:
> 2h
Breve descrizione:
In questo percorso scoprirai alcuni aspetti della storia dell’italiano: dalle sue origini latine all’Ottocento. Il centro geografico di questa storia è la Toscana, che dal XIV secolo ha avuto un ruolo centrale nella costruzione dell’identità culturale italiana.
Telemaco Signorini, “Sulle colline a Settignano” (1885; collezione privata)
La Toscana è una delle tante “piccole patrie” degli italiani: un luogo carico di storia e di valori simbolici per l’identità nazionale. A Firenze, il suo capoluogo, nasce il mito delle cosiddette “Tre Corone” (i tre “sovrani” della lingua e della letteratura italiana: Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio).
Foto di Lorena Torres Angelini. Licenza CC-BY-SA-2.0, attraverso Wikimedia Commons
La città è stata, infatti, la culla della letteratura in volgare. Nel Quattrocento e nei primi decenni del Cinquecento essa divenne una realtà artistica di livello europeo.
Firenze, Piazza Santa Croce (foto di Freepenguin).
Simbolo, durante l’Ottocento, di un’ideale unità spirituale italiana, la chiesa di Santa Croce è un vero e proprio monumento dell’identità nazionale. Al suo interno furono sepolti, tra gli altri, Michelangelo Buonarroti [], Niccolò Machiavelli, Galileo Galilei [], Vittorio Alfieri, Gioacchino Rossini [], Ugo Foscolo. Quest’ultimo ne fece un luogo simbolo dell’italianità nel poemetto "I sepolcri".
Agli inizi del Cinquecento, Pietro Bembo scrisse le Prose della volgar lingua, con le quali offrì agli scrittori dei secoli successivi un modello di stile e di lingua. Durante il Risorgimento italiano, una parte dell’élite politica avrebbe voluto che fosse Firenze e non Roma la capitale del nuovo stato italiano.
Oggi più che mai, la Toscana, con il suo paesaggio collinare, i prodotti enogastronomici, lo standard di vita, è uno dei simboli dell’Italia, una meta di vacanze per italiani e stranieri.
Vigneti nei pressi di Certaldo, Firenze. Foto di Tango7174. Licenza: CC-BY-SA-3.0-2.5-2.0-1.0, attraverso Wikimedia Commons
La produzione vinicola.
I maggiori produttori di vino nel mondo sono la Francia, l’Italia e la Spagna; seguono gli Stati Uniti, Argentina, Australia e Cile. Il maggior consumo di vino, invece, è in Francia ed USA, seguite dall’Italia. Dal punto di vista delle esportazioni, infine, è l’Italia il paese in testa alle classifiche, seguito da Francia, Spagna e America del Sud.
La campagna toscana è diventata negli ultimi decenni il simbolo di uno “stile di vita” italiano, fatto di ottima tavola e buon vino. Sui dolci rilievi dell’Appennino le vecchie case in pietra si affacciano sui pendii coltivati a vigneti e oliveti. Il fascino del luogo ha favorito lo sviluppo del turismo, che a sua volta ha rilanciato l’artigianato e premiato la ristorazione familiare: un’economia che ha tutelato il territorio e la sua bellezza.
Nel prossimo video andiamo nel territorio del Chianti, il cuore della Toscana, tra Firenze e Siena. Con Massimiliano Ossini voleremo sopra le colline toscane, in compagnia del marchese Piero Antinori, uno dei più importanti produttori italiani di vino, e di Alessio Brogi commissario del Corpo Forestale dello Stato.
[video:file=video/esercizi/perc_gramm_storica/Linea Verde - Paesaggio toscano parte1 Edit.flv]
Titolo: Viaggio nella valle del Chianti
Programma: Linea verde
Emittente: Rai Uno
Data: 18/10/2009
Durata: 4'15''
Per gentile concessione di Rai Teche.
Hai visto il documentario sul Chianti? Sei in grado di rispondere alle seguenti domande?
Da quanti anni produce vino la famiglia Antinori?
Che cosa ha contribuito alla tutela del paesaggio del Chianti?
Che cosa vuol dire Pietro Antinori con l’espressione “la rinascita del vino”?
Perché il Chianti viene chiamato “Chiantishire”?
Nel video vengono utilizzate alcune espressioni che potresti non conoscere: prova ad associare ad ogni parola la sua definizione:
mentalità: avendo considerato ogni cosa, insomma/attività che risponde a determinate norme, il cui prodotto è soggetto a controlli di qualità/modo di pensare di un gruppo/augurio/reso saldo, specie dall’uso prolungato nel tempo/occupare un territorio straniero
auspicio: avendo considerato ogni cosa, insomma/attività che risponde a determinate norme, il cui prodotto è soggetto a controlli di qualità/modo di pensare di un gruppo/augurio/reso saldo, specie dall’uso prolungato nel tempo/occupare un territorio straniero
colonizzare: avendo considerato ogni cosa, insomma/attività che risponde a determinate norme, il cui prodotto è soggetto a controlli di qualità/modo di pensare di un gruppo/augurio/reso saldo, specie dall’uso prolungato nel tempo/occupare un territorio straniero
tutto sommato: avendo considerato ogni cosa, insomma/attività che risponde a determinate norme, il cui prodotto è soggetto a controlli di qualità/modo di pensare di un gruppo/augurio/reso saldo, specie dall’uso prolungato nel tempo/occupare un territorio straniero
produzione certificata: avendo considerato ogni cosa, insomma/attività che risponde a determinate norme, il cui prodotto è soggetto a controlli di qualità/modo di pensare di un gruppo/augurio/reso saldo, specie dall’uso prolungato nel tempo/occupare un territorio straniero
consolidato: avendo considerato ogni cosa, insomma/attività che risponde a determinate norme, il cui prodotto è soggetto a controlli di qualità/modo di pensare di un gruppo/augurio/reso saldo, specie dall’uso prolungato nel tempo/occupare un territorio straniero
Riascolta adesso le parole del commissario capo Alessio Brogi, di cui ti forniamo la trascrizione: fai attenzione alla pronuncia di quelle evidenziate:
«B. Ma, io direi assolutamente sì. Perché in quanto le produzioni certificate di qualità rappresentano di per se stesse un elemento caratterizzante del territorio, perché esprimono la tradizione e la cultura contadina del territorio, in quanto sono state realizzate, trasformate secondo metodologie culturali e si sono consolidate nel tempo».
Hai notato come il capitano pronuncia la parola certificate, caratterizzante, cultura contadina e metodologie? Questo fenomeno fonetico si chiama “gorgia toscana” e caratterizza quasi tutti i dialetti della regione e soprattutto il fiorentino (link italiani regionali: Toscana). Esso consiste nella pronuncia “aspirata” di alcune consonanti (la c di casa, per esempio; la g di magia, ma anche la t e la p).
La sua origine non è chiara, per quanto antichissima.
[video:file=video/esercizi/perc_gramm_storica/Linea Verde - Borgi Edit.flv]
Titolo: Viaggio nella valle del Chianti
Programma: Linea verde
Emittente: Rai Uno
Data: 18/10/2009
Durata: 25''
Per gentile concessione di Rai Teche.
Il cosiddetto “Indovinello veronese”, uno dei primi esempi scritti in lingua volgare, datato all’incirca all’800: “Se pareba boves, alba pratalia araba, albo versorio teneba et negro semen seminaba”, cioè: “Sembravano buoi, arava bianchi prati, teneva un bianco aratro e seminava nero seme”. L’indovinello riguarda la scrittura, che semina lettere nere, su fogli bianchi, con la penna-aratro.
Proprio qui, in Toscana, ed in particolare a Firenze, all’inizio del Trecento, ha inizio la storia della lingua italiana. Alla fine dell’Impero romano, infatti, il latino parlato nei territori dell’impero si era trasformato, dando vita ad una serie di dialetti, dai quali, con il tempo, sarebbero nate le lingue neolatine.
Il passaggio dal latino all’italiano portò cambiamenti relativi al suono delle parole (fonologici), alla forma delle parole (morfologici) e alla struttura della frase (sintattici).
Osserva, ad esempio, questo elenco di parole:
latino | italiano | fenomeno fonologico |
rosae | rose | ae > e |
herba | erba | h- > |
semen | seme | -m/-n/-s/-t > |
plenus flamma clavis | pieno fiamma chiave | pl- > pi fl- > fi cl- > ch |
Dal punto di vista fonologico, nel passaggio dal latino all’italiano, il dittongo (cioè due vocali che formano un solo suono) ae diventa e; la h ad inizio di parola scompare; le consonanti in fine parola cadono; i gruppi di consonanti pl, fl, cl diventano pi, fi, chi, ecc.
Nell’elenco di sinistra hai una serie di parole latine: sei in grado di indovinare la corrispettiva forma italiana?
Latino | Italiano |
clarus | chiaro |
deitas | |
flumen | |
altus | |
hora | |
praemium |
Siena, Piazza del Campo. Foto di Phillip Capper (2005) (licenza)
Le consonanti finali, in latino, indicavano il “caso”, ovvero il valore sintattico di quella determinata parola. Cadute le consonanti finali, fu necessario:
a) dare un ordine alla frase che mettesse al primo posto il soggetto;
b) introdurre degli elementi che indicassero la funzione sintattica delle parole (articoli e preposizioni).
Fu così che la frase: Arma virmumque cano , che è l’inizio dell’Eneide di Virgilio, diviene: Canto le armi e l’uomo.
E: Cui dono lepidum novum libellum arida modo pumice expolitum? (Catullo, Carmina I, 1) diviene: A chi dono un nuovo simpatico libretto, appena ripulito con la pietra pomice?
Osserva, nei due esempi:
a) il passaggio da una sequenza Oggetto – Verbo ad una Verbo – Oggetto;
b) l’inserimento di preposizioni semplici (a, con) e articoli.
Francesco Petrarca in un ritratto miniato del ms. di Madrid, BNE, Vitr. 22/1
Come hai letto nel profilo storico dell’italiano tra la fine del Duecento e il Trecento il fiorentino acquista una grande importanza, al punto da diventare un modello presso tutti i letterati della penisola.
Protagonisti di questa evoluzione furono Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio e Francesco Petrarca. Sulla base della lingua letteraria usata dalle “Tre corone” nacque, dunque, la lingua italiana che fu per molti secoli esclusivamente una lingua “scritta”, mentre nella comunicazione quotidiana le persone usavano il dialetto.
Franz Xaver Winterhalter, "Decameron" (1837), collezione privata
Il Decameron di Giovanni Boccaccio, ad esempio, fu a lungo il modello linguistico per la scrittura in prosa. Esso fu scritto tra il 1348 e il 1353, ed è ambientato sulle colline intorno a Firenze (vedi la scheda su Giovanni Boccaccio). Qui si riuniscono dieci giovani per sfuggire alla peste che imperversa in città.
Uno degli elementi che ha affascinato i lettori del Decameron è il realismo e la capacità di Boccaccio di rappresentare la vita del tempo, dedicando preziose pagine al paesaggio. Elemento che caratterizza quest’ultimo è l’armonia tra l’intervento umano e la natura circostante. Questo difficile equilibrio è ancora oggi il fascino segreto della campagna toscana. Nel brano che ti proponiamo Boccaccio descrive la villa in cui i suoi protagonisti troveranno alloggio. Leggilo e prova ad immaginare lo spazio descritto:
Era il detto luogo sopra una piccola montagnetta, da ogni parte lontano alquanto alle nostre strade, di varii albuscelli [alberelli] e piante tutte di verdi fronde ripiene piacevoli a riguardare [a vedersi]; in sul colmo della quale era un palagio [palazzo] con bello e gran cortile nel mezzo, e con logge e con sale e con camere, tutte ciascuna verso di sé bellissima [bellissima in sé] e di liete dipinture [affreschi e dipinti] raguardevole [bella] e ornata, con pratelli da torno [praticelli intorno] e con giardini maravigliosi e con pozzi d'acque freschissime e con volte piene di preziosi vini: cose più atte a curiosi [appassionati e forti] bevitori che a sobrie e oneste donne. Il quale tutto spazzato, e nelle camere i letti fatti, e ogni cosa di fiori, quali nella stagione si potevano avere, piena e di giunchi giuncata, la vegnente brigata [il gruppo che arrivava] trovò con suo non poco piacere.
Sei riuscito ad immaginare il palazzo dove i giovani fiorentini trovano alloggio? Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false:
Il palazzo è situato nel cuore di Firenze
Il palazzo ha un cortile interno
Il cortile interno è circondato da logge
Il palazzo si affaccia sul lago
Il palazzo è circondato da giardini
Intorno al palazzo ci sono diverse fontane
Il palazzo ha anche diversi luoghi per la conservazione del vino
Il palazzo ha molte stanze affrescate
Le camere sono state ornate di fiori e di frutti
Una miniatura del “Decameron” dal ms. della Biblioteca Vaticana, Pal. Lat. 1989
La pagina del "Decameron" che hai appena letto è un esempio di quella lingua che per secoli è stata la lingua letteraria degli italiani. Nel primo Cinquecento, infatti, la lingua di Dante, Petrarca e Boccaccio divenne il modello sulla base del quale codificare la grammatica. All’inizio del secolo successivo gli Accademici della Crusca formarono, proprio sulla base della lingua letteraria delle "Tre corone", il primo vocabolario della lingua italiana, il Vocabolario della Crusca.
Il Vocabolario del 1612 è consultabile on line sul sito dell’Accademia della Crusca: http://vocabolario.signum.sns.it/. Collègati e scopri il significato delle seguenti parole:
1. loggia
2. volta:
3. pozzo
4. giunco
Associa ad ogni parola la giusta definizione tratta dal Vocabolario della Crusca; attenzione, però, c’è una definizione in più:
a. “pianta nota, e fa presso all’acqua, similissimo alla ginestra, ma non fa fusto»: loggia/volta/pozzo/giunco/nessuna risposta
b. “voce, la quale, aggiuntole nome numerale, e di quantità, significa determinazion d’atto”: loggia/volta/pozzo/giunco/nessuna risposta
c. “luogo cavato a fondo, infino, che si truova l’acqua viva, per uso di bere, o altro”: loggia/volta/pozzo/giunco/nessuna risposta
d. “stanza sotterranea, dove si tengono i vini, detta così dal muro in volta, che la cuopre”: loggia/volta/pozzo/giunco/nessuna risposta
e. “edificio aperto, la cui copritura si regge in su architravi, e gli archi, o gli architravi in su pilastri, o colonne” loggia/volta/pozzo/giunco/nessuna risposta
Giovanni Fattori, "Due buoi nell'uliveto", olio su tela, 1882-1887, Museo Civico Giovanni Fattori, Livorno
Dal Cinquecento all’Ottocento ad oggi, il fascino della campagna toscana è rimasto vivo. All’inizio del Novecento, Federigo Tozzi (1883-1920), senese, scrive un romanzo dal titolo Il podere (1918). Il romanzo racconta del ritorno di Remigio Selmi a Casuccia, nei pressi di Siena, per occuparsi dell’eredità terriera lasciatagli dal padre. Questa immersione nella realtà contadina e piccolo borghese della campagna senese si concluderà tragicamente: Remigio verrà ucciso da uno dei suoi contadini.
Il paesaggio toscano ha un ruolo di primo piano in questo romanzo. La vicenda si svolge, infatti, sullo sfondo di una natura a tratti violenta e torbida, a volte rasserenata, come nella pagina che ti proponiamo: la campagna è immobile e lontana. Sullo sfondo si stagliano diverse macchie di colore intenso o sfumato. La prospettiva è profonda e include le valli e le colline all’orizzonte.
Giovanni Fattori, "Cavallo morto", olio su tela, 1903, Collezione Mario Taragoni
Nell’aria era come un incendio; le galline, accovacciate sotto la parata, crocchiolavano [emettevano il loro verso] di rado; quasi non avessero più voce. Sembrava che dovessero doventare incapaci a moversi di lì; come il muro dell’aia; come le pietre. Egli [Remigio] si lasciava prendere dal desiderio di sentirsi buono, e sognava che i pioppi della Tressa [Il torrente nei pressi di Siena] lo sapessero.
La mattina dopo, era domenica; e mentre la gente passava per andare alla messa stava appoggiato a un pilastro del cancello. I contadini pigliavano anche attraverso i campi, per i viottoli; e alcuni dovevano guadare [attraversare, si dice di un corso d’acqua] la Tressa. La chiesa di Colle [un paesino nei pressi di Siena], in cima a un poggetto aguzzo, tra quattro cipressi alti, con le fronde soltanto in punta, come pennacchi rotondi, suonava.
La campagna dinanzi alla Casuccia era coltivata; ma senza case. Soltanto un poderuccio; che pareva ficcato dentro un cocuzzolo [monticello] di creta. Punte di cipressi, in fila, si vedevano dietro un lungo poggio.
La terra lavorata era violacea e grigia: nel grembo della valle, fino alla Tressa, quasi verde. Poi, salendo e allontanandosi, si inazzurrava sempre di più; a strisce; e il cielo era di una tinta più sbiadita.
Cecchina, per timore di fare tardi, escì frettolosa dalla Casuccia; ma Gegia la rincorse; prendendola a braccetto per scherzo:
Non mi volete con voi? Ho la gamba buona [un buon passo] anch’io!
Portavano tutte e due il cappello di paglia con i nastri di seta bianca, larghi, scendenti sul vestito nero, più giù dei fianchi; e chiacchierarono, ridendosi, fino alla chiesa. Le ragazze si tenevano per mano, a quattro o cinque per volta; e i giovanotti le facevano sghignazzare [ridere forte, in modo scomposto]; ma, poi, quand’era troppo, camminavano più piano perché quelli passassero avanti e le lasciassero stare.
Dinda portò con sé Moscino; Lorenzo e Tordo erano andati a Siena. Berto arrivò, secondo [come] il solito, fino alla chiesa; ma senza entrare.
Picciòlo, che prima aveva voluto portare la semola [grano macinato grossolanamente] al vitellino, fece tardi; e si abbottonava le maniche della camicia camminando. [...]
Passarono anche la moglie e la cognata del padrone di San Lazzaro, che dal grasso [per quanto erano grasse] potevano a pena muoversi; con un ombrellino di fuori bianco e di sotto verde; e la serva, dietro, a due passi di distanza, con le mani sul ventre.
Escirono dal cancello anche Luigia e Ilda.
L’azzurro brillava; i poggi e i cocuzzoli di argilla, un poco glauchi [celeste che tende al verde] e un poco cinerei [color cenere, grigi], abbaglianti, s’ammucchiavano sempre più alti e più chiusi, verso Siena; tutta rossa; fatta con i mattoni di quell’argilla cotta.
(F. Tozzi, Il podere, cap. 25, in Id., Opere. Romanzi, prose, novelle, saggi, a cura di M. Marchi, introduzione di G. Luti, Milano, Mondadori, 1987, pp. 255-399)
La lingua di Federigo Tozzi è caratterizzata da un forte espressionismo. Tozzi usa termini del dialetto senese; adotta una sintassi vicina al parlato; talvolta adopera modi di dire popolareggianti. D’altra parte, però, compie un processo inverso: preleva espressioni dotte dalla lingua letteraria.
Gli esercizi che seguono ti aiuteranno a individuare i tratti più marcati di questo impasto linguistico.
1. Fonetica
Nel brano che hai letto ti sei imbattuto in alcune parole dalla grafia insolita: sostituisci i termini evidenziati con le forme oggi d’uso, scegliendole tra quelle che ti proponiamo:
Sembrava che dovessero doventare incapaci a moversi di lì […]. Cecchina, per timore di fare tardi, escì frettolosa dalla Casuccia […]. Escirono dal cancello anche Luigia e Ilda.
Doventare
Escì
Escirono
2. Sintassi
Cerca nel Disc l’aggettivo capace/incapace:
Che tipo di proposizione regge di solito?
Cerca nel Disc l’aggettivo capace/incapace:
Nel brano che hai letto, con quale preposizione è costruito?
Cerca nel Disc l’aggettivo capace/incapace:
Quello di Tozzi è l’uso…
Ridere è un verbo intransitivo. Nel brano che hai letto ti sei imbattuto nella forma riflessiva: ridersi:
"Portavano tutte e due il cappello di paglia con i nastri di seta bianca, larghi, scendenti sul vestito nero, più giù dei fianchi; e chiacchierarono, ridendosi, fino alla chiesa."
Che valore e significato credi che abbia?
3. Lessico
Leggi i seguenti brani e, con l’aiuto del Disc, clicca sulla risposta corretta alle seguenti domande:
«I contadini pigliavano anche attraverso i campi, per i viottoli». Pigliare è un termine tipico del lessico familiare: qual è il sinonimo nell’italiano formale?
«le galline, accovacciate sotto la parata». Parata in questa accezione è un toscanismo: sei in grado di ricostruire il significato sulla base del contesto?
Louis Gauffier, “La Vallée de l’Arno”, olio su tela, 1790, Paris, Musée Marmottan Monet
Nel brano che hai letto ti sei imbattuto nella parola: crocchiolavano: «le galline, accovacciate sotto la parata, crocchiolavano di rado». Crocchiolare è una “voce onomatopeica”, cioè una parola formata a partire dal suono che l’oggetto produce. Essa indica il verso della gallina. Crocchiolare non è l’unica voce onomatopeica dell’italiano. Ne esistono molte altre, alcune delle quali di uso frequente. Ecco qualche esempio:
Bisbigliare: parlare a bassa voce, mormorare.
Ronzare: si dice degli insetti che volano emettendo un suono sordo con il movimento frenetico delle ali; ma può significare anche ‘girare intorno’.
Ticchettare: produrre un suono secco e breve, come il rumore delle lancette dell’orologio.
Tintinnare: emettere un suono squillante (‘tin’) come quello delle monete che urtano tra di loro, o i bicchieri, ecc.
Per saperne di più visita il sito dell’Accademia della Crusca.
Nell’elenco seguente troverai una serie di onomatopee italiane e il relativo significato; con l’aiuto di dizionari bilingue indica i termini corrispettivi in francese, inglese, spagnolo e tedesco. Alla fine dell’esercizio, clicca su “Soluzione” per completare l’elenco.
fr.: ; ing.: ; sp.: ; ted.:
fr.: ; ing.: ; sp.: ; ted.:
fr.: ; ing.: ; sp.: ; ted.:
Raffaele De Grada, “Stagno”, olio su tela, 1936-1942, Fondazione Cariplo. Licenza CC-BY-SA-3.0, via Wikimedia Commons
Rileggi questo brano: «La chiesa di Colle, in cima a un poggetto aguzzo […] suonava. La campagna dinanzi alla Casuccia era coltivata; ma senza case. Soltanto un poderuccio; che pareva ficcato dentro un cocuzzolo di creta».
Poggetto e poderuccio sono degli alterati: essi derivano rispettivamente da “poggio” e “podere”, che si definiscono “basi lessicali”. In italiano, una parola può subire una variazione attraverso l’aggiunta di un suffisso che ne precisa le dimensioni (grande o piccolo) e il valore (positivo o negativo): così, ad esempio, la base lessicale scarpa può essere alterata in scarpetta e scarpina ‘piccola scarpa’, scarpona ‘grande scarpa’, scarpuccia ‘scarpa piccola e graziosa’, scarpaccia ‘brutta scarpa’.
Ecco l’elenco dei più diffusi suffissi italiani, il loro significato e qualche esempio:
-ino | diminutivo | bicchierino, gattino, piattino, paesino, ragazzino, tavolino, topolino |
-etto | diminutivo e vezzeggiativo (che indica una particolare affettuosità) | bacetto, cameretta, libretto, pranzetto, viaggetto |
-ello | diminutivo | alberello, asinello, storiella |
-otto | diminutivo | giovanotto, passerotto |
-uccio | diminutivo, a volte con valore vezzeggiativo o peggiorativo | avvocatuccio, calduccio, casuccia |
-ucolo | diminutivo e peggiorativo | donnucola, poetucolo |
-acchiotto | diminutivo e vezzeggiativo | furbacchiotto, orsacchiotto, volpacchiotto |
-iciattolo | diminutivo e peggiorativo | fiumiciattolo, mostriciattolo |
-one | accrescitivo | donnona, omone, valigiona |
-acchione | accrescitivo con una connotazione ironica | furbacchione, mattacchione |
-accio (-azzo) | accrescitivo con valore peggiorativo | amorazzo, coltellaccio, codazzo |
-astro | accrescitivo con valore peggiorativo o attenuativo (nel caso di aggettivi) | medicastro, dolciastro |
-ognolo, -occio | attenuativo (limitatamente a una base lessicale aggettivale) | azzurrognolo, rossiccio, sudaticcio |
Ottone Rosai, "Paesaggio", olio su tela, 1922, Fondazione Cariplo. Licenza CC-BY-SA-3.0, via Wikimedia Commons
Alcuni dei suffissi che hai appena visto possono combinarsi tra di loro. Càpita spesso con i due suffissi diminutivi -ino e -ello o -etto: casettina, gonnellina, ecc. Gli alterati sono tipici del linguaggio informale e familiare. Di rado compaiono in un contesto formale, quando questo avviene, solitamente, hanno una sfumatura ironica.
Non è detto, però, che ogni parola possa essere alterata con tutti i suffissi. Muso ad esempio ammette solo quattro alterazioni tra quelle elencate; libro cinque e strada otto.
Clicca sulle forme alterate che ti sembrano accettabili:
Muso
Libro
Strada
Giovanni Fattori, "La moglie in giardino", olio su tela, 1870-1875, Collezione privata
Accanto ad alterati e ad onomatopee, Tozzi usa in questo brano un verbo cosiddetto “parasintetico”. I verbi parasintetici sono formati da un nome o un aggettivo “radice” più un prefisso e un suffisso. Sono verbi parasintetici, ad esempio, ar-ross(o)-ire in cui all’aggettivo rosso si aggiungono un prefisso a- e le desinenze verbali della 3.a coniugazione; o s-bucci(a)-are formato dal nome buccia + il prefisso privativo (“che toglie”) s- e le desinenze verbali della 1.a coniugazione. Alcuni parasintetici sono neologismi d’autore, cioè parole nuove formate da un poeta o da uno scrittore. Di questo tipo, sono, ad esempio inluiarsi (‘farsi lui’, riferito a Dio) o indiarsi (‘entrare in Dio’), entrambi utilizzati per la prima volta da Dante Alighieri nella Divina commedia.
Rileggi questo passo del Podere e indica il verbo parasintetico:
«La terra lavorata era violacea e grigia: nel grembo della valle, fino alla Tressa, quasi verde. Poi, salendo e allontanandosi, si inazzurrava sempre di più; a strisce; e il cielo era di una tinta più sbiadita».
Forma a partire dalle seguenti basi i rispettivi verbi parasintetici (laddove indicato serviti del prefisso esplicitato):
Angiolo Tommasi, “Sull’Arno”, olio su tela, 1883-85, Collezione privata
La lingua è un mezzo di comunicazione che mette in relazione individui diversi per età, sesso, ecc. Essa può rispecchiare il tipo di rapporto che si instaura tra un allievo e la sua insegnante, o tra un lavoratore e il suo superiore. Si parla in tal caso di “usi sociali della lingua”.
Le convenzioni sociali che regolano gli usi della lingua sono cambiate nel tempo. Ancor oggi, inoltre, esse possono cambiare in base alla regione e all’influsso del dialetto che vi si parla. Nell’Italia meridionale, ad esempio, e soprattutto in Campania e in Calabria, è sopravvissuto il “voi” di cortesia riferito a persona singola.
Per saperne di più visita il sito dell’Accademia della Crusca.
Rileggi questo passo del brano:
«Cecchina, per timore di fare tardi, escì frettolosa dalla Casuccia; ma Gegia la rincorse; prendendola a braccetto per scherzo: Non mi volete con voi? Ho la gamba buona anch’io!»
Gegia rincorre qualcuno: chi?
A chi si riferische il voi evidenziato nel testo?
Perché Tozzi usa il voi?