Fenomeni fonetici di giuntura

Fonologia

Nel nostro parlare effettivo, noi non stacchiamo le parole l’una dall’altra, come le vediamo in un testo scritto, ma le pronunciamo a gruppi compatti e dando rilievo agli accenti di alcune parole più significative. Una frase come «Sono le otto, è già ora di uscire» viene pronunciata normalmente in questo modo (segniamo anche gli accenti di diversa intensità):

 

sónoleòtto èggià óradiuscìre

 

o anche, se si parla con ritmo più veloce,

 

sonleòtto eggiaóraduscìre.

 

Strette in tal modo, le parole subiscono alcune modifiche nei punti di giuntura: si hanno così i fenomeni fonetici di giuntura (o feno­meni di «fonetica sintattica»), tra i quali sono più importanti l’elisione, il troncamen­to e il raddoppiamento iniziale. Questi fenomeni sono presenti anche nella nostra fra­se di esempio, come mostreremo via via qui di seguito.

Elisione

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Si chiama «elisione» la caduta di una vocale atona finale di una parola davanti alla vocale iniziale della parola successiva. Nella scrittura l’elisione si indica con l’apo­strofo (’).

 

L’elisione è obbligatoria con gli articoli lo e la (e relative preposizioni articolate), con quello e bello, e con una; è facoltativa con gli, rara con le: lanimo, lerba, nellaria, dallumido, quellangolo, bellesempio, unonda, unepoca, glindividui (o gli individui), larmi (poetico; normalmente le armi). Inoltre è frequente con di: doro, duso, daccor­do; non rara, nel parlato, con le particelle pronominali mi, ti, si, vi, ne, ecc.: maccorsi, taspetto, soffende (ma scrivendo si preferisce mi accorsi, ti aspetto, si offende).

 

Nella nostra frase di esempio l’elisione è avvenuta, nella pronuncia più veloce, fra di e uscire: si è avuta così la pronuncia duscire, che nella scrittura si rende con duscire.

E evidente che con l’elisione si evita l’incontro di due vocali che formerebbero un iato: lo animo, la erba, nella aria, di oro, di uso, ecc. L’iato richiede sempre uno sforzo maggiore nella pronuncia, e questo sforzo si elimina quando è possibile.

 

 

Troncamento

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Si chiama invece «troncamento» (o anche «apòcope» la caduta di una vocale atona finale, o di una sillaba atona finale di una parola, non per effetto della presenza di una vocale successiva, ma per un fenomeno di spontaneo snellimento della giuntu­ra con la parola successiva. Tale snellimento si verifica però soltanto se la vocale che cade è una e o una o (raramente una i), se è preceduta da l, r, n (e talvolta m), e purché il suono iniziale della parola seguente non sia s + consonante (detta s impura), z, gn, x, ps.

 

Anche il troncamento, come l’elisione, riguarda soprattutto gli articoli e le prepo­sizioni articolate, gli aggettivi indefiniti, l’aggettivo dimostrativo quello e, inoltre, tale, quale: il cane, del pane, un bicchiere, un amico, alcun dovere, nessun paese, quel ragazzo, un tal personaggio, nel qual caso. Si verifica normalmente anche negli aggettivi buono, bello, grande, santo (spesso preposti ai nomi), in alcuni dei quali si tronca l’intera silla­ba finale: buon amico, buon gelato, bel paesaggio, gran festa, san Giovanni (ma santAn­tonio). Si ha anche con frate e suora (fra Cristoforo, suor Gilda, suor Angela). Altrettan­to frequente è con i «titoli»: signor Martini, dottor Contini, professor Bianchi, ecc.

Presentano ancora il troncamento, quando si trovano in locuzioni tipiche e piut­tosto cristallizzate, le parole male, amore, colore, fiore, fino, fine, bene; ad es.: mal di testa, mal di mare, mal visto, amor proprio, color di rosa, fior di quattrini, fin qui, fin di vita, ben fatto. È frequente con varie voci verbali: con gli infiniti (voler bene, far bene, dir male, saper fare, ecc.) e con alcune forme del presente di essere e avere (son pronto, han detto)Nella frase di esempio citata all’inizio c’è il troncamento di sono in son, ma solo nella pronun­cia più veloce.

 

L’uso del troncamento è molto più esteso nella lingua letteraria e specialmente in poesia (ma la poesia moderna evita il più possibile questi tratti).

Casi particolari di troncamento sono: po’ per poco; to per togli (talvolta toh, come beh invece di be’, che deriva da bene); e da’, di’, fa’, sta’, va’, forme di 2a persona singolare dell’imperativo dei verbi dare, dire, fare, stare, andare. Tutte queste forme troncate si possono avere davanti a qualsiasi consonante iniziale e anche in fine di frase: un po strano; aspetta un po’; fa stendere i panni; sta zitto. La parola piede viene troncata in piè (e non in pie’) nelle locuzioni a piè fermo, a piè di pagina, ecc.

Raddoppiamento

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Il raddoppiamento (o anche rafforzamento) iniziale è il fenomeno per cui la consonante iniziale di una parola può essere raddoppiata quando è preceduta da de­terminate parole uscenti in vocale. Tale raddoppiamento, che si avverte nella pronuncia ma non viene registrato nella nostra scrittura comune, è provocato quindi dalla fine della parola precedente e ciò accade quando questa è:

 

- una parola tronca (che per iscritto porta l’accento grafico): perché ridi? si pro­nuncia /per'ke 'rridi/; andò via / an'do 'vvia/; sarà fatto /sa'ra 'ffatto/;

- un monosillabo tonico (che porti o no l’accento grafico): è lui /'ε 'llui/; là so­pra /'la 'ssopra/; ho freddo /'ɔ 'ffreddo/; so tutto /'sɔ 'ttutto/. Nella nostra frase di esempio il fenomeno è presente tra è e già, che danno èggià;

- alcuni monosillabi atoni (a, e, o, ma, se, tra, fra, che, chi): a Roma /a 'rroma/; e tu /e 'ttu/; se credi /se 'kkredi/.

 

La scrittura normale non tiene conto di questo fenomeno, a meno che le due parole non siano già stabilmente unite; in tal caso il raddoppiamento si trova incorporato: vedi le parole soprattutto, soprammobile, cosiddetto, contraddire, appena, chissà, ossia, vattene, ecc.

 

Il raddoppiamento iniziale è normale in tutta l’Italia centro-meridionale e particolarmente esteso in Toscana (dove si ha pure dopo da, dove, come). Manca, invece, nella pronuncia tipica dell’Italia settentrionale, dove è generale la mancanza di consonanti doppie.