Il Machiavelli dell’Epistolario: Francesco Vettori

    Letteratura e teatro

    L’Epistolario di Machiavelli, estremamente vario per tono e contenuti, mette il luce una personalità molto diversa da quella fredda e razionale comunemente attribuita la Segretario fiorentino: il Niccolò dell’epistolario ha un carattere appassionato e volitivo, aperto e vivace, portato all’amicizia e allo scherzo. Machiavelli è consapevole di queste diversità che caratterizzano la sua persona e ne va fiero perché è simile (imitiamo) al mondo naturale (natura) che non è uniforme ma vario e molteplice. Questo scrive nella lettera del 31 gennaio 1515 a Francesco Vettori ambasciatore della Repubblica fiorentina presso la corte di papa Leone X, caro amico e principale interlocutore dell’epistolario:

     

    Chi vedesse le nostre lettere, honorando compare, et vedesse le diversità di quelle, si maraviglierebbe assai, perché gli parrebbe hora che noi fussimo huomini gravi, tutti vòlti a cose grandi, et che ne' petti nostri non potesse cascare alcuno pensiere che non havesse in sé honestà et grandezza. Però dipoi, voltando carta, gli parrebbe quelli noi medesimi essere leggieri, inconstanti, lascivi, vòlti a cose vane. Questo modo di proccedere, se a qualcuno pare sia vituperoso, a me pare laudabile, perché noi imitiamo la natura, che è varia; et chi imita quella non può essere ripreso.

     

    L’Epistolario svela aspetti umani e quotidiani non solo di Machiavelli ma anche degli amici a cui sono indirizzate le sue lettere. Ne è’ un esempio quella del 4 febbraio 1514 dove Machiavelli descrive l’amico Vettori in preda alla passione amorosa per una vedova romana di nome Costanza. Vettori , in una precedente lettera, gli aveva parlato di una serata trascorsa insieme alla vedova, ai figli di lei e ad altri conoscenti, Casa e Brancaccio; nella risposta, Machiavelli racconta con parole sue l’episodio e trasformando Vettori in un personaggio buffo, da commedia, che nulla ha da spartire con l’integerrimo ambasciatore di Firenze alla corte dei papa: lo immagina insieme alla vedova, mentre, impacciato e confuso, cerca di compiacerla in ogni modo prestando orecchio a ogni sua parola, riservando mille attenzioni al figlio e alla figlia di lei, attizzando il fuoco, servendo a tavola:

     

    Veggo voi, signor oratore, essere alle mani con quella vedova et quel suo fratello et havere uno occhio a quel garzone, il ritto però, et l'altro a quella fanciulla, et uno orecchio alle parole della vedova et l'altro al Casa et al Brancaccio; veggovi rispondere generalmente loro, et all'ultime parole, come Eccho; et infine tagliare e ragionamenti, et correre al fuoco con certi passolini presti et lunghi un dito, un poco chinato in su le reni… Veggo, alla giunta vostra, Filippo, il Brancaccio, il garzone, la fanciulla rizzarsi; et voi dite: – Sedete, state saldi, non vi movete, seguite i vostri ragionamenti – et doppo molte cerimonie, un poco domestiche et grassette, riporsi ognuno a sedere, et entrare in qualche ragionamento piacevole... Veggovi a tavola, veggo gestire il pane, i bicchieri, la tavola et i trespoli, et ognuno menare, o vero stillare letizia, et in fine traboccare tutti in un diluvio d'allegrezze.

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