4.1 Le accademie scientifiche: il Cimento e i Lincei

L’affermazione della fiducia nelle capacità conoscitive dell’uomo, con le radici nel Rinascimento, fruttifica proprio in questa temperie, dapprima soprattutto in Inghilterra e in Francia, ma con originalità e rigoglio anche in Italia. Il sapere scientifico, fondato su una conoscenza verificabile, espressa in forma di leggi matematiche, si sviluppa soprattutto grazie e attraverso il dibattito nelle nuove accademie sostenute dallo Stato (ad esempio la Royal Society for the Advancement of Learning a Londra e l’Académie des Sciences a Parigi). In Italia, alle già numerose Accademie sorte nel Cinquecento, se ne aggiungono ora delle nuove, che privilegiano la conoscenza scientifica; primeggia in particolare quella dei Lincei, fondata a Roma nel 1603 per promuovere appunto la rinascita degli studi scientifici e naturalistici. Ebbe tra i suoi membri Galileo Galilei (1611; già accademico della Crusca dal 1605), del quale pubblicò il Saggiatore (1623), sostenendo la sua battaglia per l’affermazione del copernicanesimo di fronte alla Chiesa. L’attività dell’Accademia, tuttavia non sopravvisse a lungo alla morte del suo fondatore, Federico Cesi (1585-1630).

Quasi “erede” di questa, e ancora di ispirazione galileiana ma più legata al mecenatismo della corte medicea, nacque a Firenze nel 1657 per volontà del principe (poi cardinale) Leopoldo de’ Medici l’Accademia del Cimento, fondata dagli allievi di Galileo, Evangelista Torricelli e Vincenzo Viviani. Il programma, racchiuso già nel motto tratto dalla Commedia “Provando e riprovando”, comprendeva ogni ambito della ricerca scientifica, spaziando dalla fisica alla matematica, dall’astrofisica alla termodinamica, alla fisiologia umana e vegetale. Il Cimento ebbe vita breve, ma ricca di risultati: lo raccontano, tra l’altro, i Saggi di naturali esperienze, pubblicati nel 1667 dal segretario Lorenzo Magalotti (1637-1712), nei quali è raccolta gran parte dell’attività sperimentale svolta nei dieci anni di attività dell’Accademia.

Personaggio di grande rilievo e complessità, tra scienza, lessicografia e letteratura fu l’aretino Francesco Redi (1626-1698), “primo medico” di Ferdinando II e Cosimo III de’ Medici e membro sia dell’Accademia del Cimento che della Crusca. Tra i suoi scritti scientifici, che si distinsero anche per la chiarezza espositiva e stilistica e per la perizia linguistica, si ricordano almeno le Osservazioni intorno alle vipere del 1664 e le Esperienze intorno alla generazione degli insetti del 1668 (in cui dimostrò attraverso rigorose osservazioni la falsità delle teorie sulla generazione spontanea degli insetti). Nell’Accademia della Crusca fu arciconsolo e collaborò attivamente ai lavori per la III edizione del Vocabolario (1691). Per quanto riguarda la sua attività poetica, nel 1666, in occasione di un convito scherzoso (“stravizzo”), avrebbe composto una prima versione del Bacco in Toscana, successivamente rielaborato e pubblicato nel 1685, che fu il suo componimento poetico più celebre anche per il virtuosismo linguistico e metrico. Negli ultimi anni di vita il Redi fu ascritto al circolo letterario romano della regina Cristina di Svezia, da cui trasse origine nel 1690 l’Accademia dell’Arcadia.

Il progressivo affermarsi del metodo galileiano e insieme la definizione del programma purista e classicista legato all’attività dell’Accademia della Crusca indirizzarono l’orizzonte culturale della fine del ’600 in sempre più chiara opposizione al barocco più esteriore, anticipando almeno in parte le tendenze di rinnovamento profondo che impronteranno il secolo dei “lumi”.