2. Simone Martini

Arti

Pittore e miniatore, fra i maggiori protagonisti del Trecento, nasce forse a Siena nel 1284. Si forma probabilmente nella bottega di Duccio da Boninsegna, dove conosce l’arte di Giotto, la cui influenza è avvertibile già nell’impianto prospettico della sua prima opera nota, la Maestà per la Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico di Siena (c. 1312-1315). Di poco successiva è la decorazione della cappella di San Martino nella basilica inferiore di Assisi. Nel 1317 Martini si trasferisce alla corte angioina di Napoli e firma la grande tavola con S. Ludovico di Tolosa incorona re il fratello Roberto d’Angiò (Napoli, Museo di Capodimonte). A questa data, Simone Martini ha ormai consolidato la cifra espressiva che lo accompagnerà per tutta la carriera, dagli stilemi cortesi al sapiente e raffinato impiego di pregiati materiali (oro, smalti, inserti di vetro e di pietre preziose, stoffe), fino alla misurata spazialità e al gusto naturalistico che ancora risente dell’esempio di Giotto, e che trova la sua migliore espressione nei ritratti. In questi anni il pittore esegue anche la Crocifissione del Museo Horne di Firenze e diversi polittici, non di rado realizzati con la collaborazione della bottega, avviata assieme a Lippo e Federico Memmi, figli di Memmo di Filippuccio, suoi cognati. Si vedano per esempio, il polittico ora al Museo Nazionale di San Matteo a Pisa (1320) e i polittici eseguiti per la città di Orvieto entro il 1326 (ora a Boston, Isabella Stewart Gardner Museum e a Orvieto, Museo dell’Opera del Duomo). 

 

Nonostante i pareri discordi della critica, va probabilmente confermato a Martini l’affresco con Guidoriccio da Fogliano (1330), nella Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico di Siena. Il capitano di ventura, che con le sue vittorie aveva contribuito ad aumentare terre e prestigio del comune di Siena, si staglia con un paesaggio colto con vivezza naturalistica e nel contempo come sospeso in un’aurea dimensione cavalleresca e cortese. 

 

Martini firma assieme a Filippo Memmi il trittico per il Duomo di Siena, oggi smembrato, datato 1333, con al centro l’Annunciazione (Firenze, Galleria degli Uffizi), in cui linearismo gotico e aderenza mimetica ai particolari si fondono magistralmente, dando vita a uno dei più alti prodotti dell’arte italiana del Trecento. 

 

Resta traccia, nei documenti, anche di una sua attività di frescante, che raggiunse forse il suo esito più alto nelle perdute Storie di Maria per la facciata dell’Ospedale di S. Maria della Scala a Siena, in collaborazione con Pietro e Ambrogio Lorenzetti, celebrate dalle fonti e imprescindibile punto di riferimento, per lungo tempo, dell’iconografia mariana senese. 

 

Nel 1336 Martini si trasferisce alla corte papale di Avignone. Il silenzio documentario e la quasi totale scomparsa di opere successive al 1336 non aiutano a decifrare la sua attività avignonese. Sappiamo però che qui conosce Francesco Petrarca con il quale instaura un rapporto di amicizia e per il quale minia il frontespizio del codice delle opere di Virgilio (Vergilius cum notis Petrarcae, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Ambrosiano, A.79 inf). Per Petrarca, che gli dedica i sonetti LXXVII e LXXVIII, il pittore esegue anche ritratti di Laura, forse miniature, e fra i primi esempi di ritrattistica di cui si abbia notizia nel tardo Medioevo. Della più importante impresa del periodo avignonese, gli affreschi dell’atrio della cattedrale di Notre-Dame-des-Dômes commissionati da Jacopo Stefaneschi, sopravvivono solo alcuni frammenti (Avignone, Musée du Palais des Papes). Noto attraverso un disegno del XVII secolo, il perduto affresco di  S. Giorgio con il drago, forse collocato sulla parete d’ingresso della cattedrale, era all’epoca famosissimo. La tavoletta con la Sacra Famiglia di Liverpool (Walker Art Gallery), firmata e datata 1342, e l’Annunciazione divisa tra Washington (San Gabriele, National Gallery of Art) e San Pietroburgo (la Vergine, Ermitage), quasi un’opera di oreficeria, sono le ultime opere a noi note sicuramente riconducibili alla mano di Martini. L’artista muore ad Avignone nella tarda primavera del 1344.

 

 

Bibliografia: P. L. De Castris, Simone Martini, Milano, Motta, 2003; M. Becchis, «Martini, Simone», in Dizionario biografico degli italiani, LXXI, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2008, pp. 254-261.