La formazione delle alloglossie: migrazioni, colonizzazioni, "nuove frontiere"

Dialetti e altri idiomi d'Italia

Alla massiccia diaspora degli albanesi, originata a partire dal Cinquecento dalla pressione dell'impero ottomano, si deve la consistente presenza di comunità albanofone nel Mezzogiorno. Nel tempo, naturalmente, la varietà di albanese parlata in queste colonie, di per sé un idioma non neolatino, è entrata in rapporto con le varietà circostanti, per confrontarsi oggi anche con l'italiano, e dunque si è allontanata progressivamente dalla varietà di partenza. Oggi si stima che, tra i circa 100.000 “albanesi d'Italia”, il 70/80% parlino o almeno comprendano una varietà di questo albanese, nota come arbërèsh.

Simile alla vicenda delle comunità albanofone è quella che ha portato alla presenza in Molise di comunità croate, che nel corso del XV secolo hanno attraversato l'Adriatico per sottrarsi alla dominazione turca.

 

In modo analogo la presenza in Calabria di comunità di lingua occitana (cioè originaria della Provenza) è legata alla persecuzione di cui, nel corso del Duecento, furono oggetto alcune comunità valdesi, che, riparate soprattutto nella località protetta di Guardia (che prenderà poi l'appellativo Piemontese) hanno tenuto in vita fino ad oggi una varietà di occitano nota come guardiolo. L'occitano, del resto, è tutt'ora in uso nelle cosiddette valli valdesi del Piemonte orientale.

 

A colonizzazioni “pianificate” è invece da ricondurre la presenza delle numerose colonie gallo-italiche in Sicilia (tra le quali si possono ricordare Nicosia, Piazza Armerina, Novara di Sicilia, Sperlinga), nate, al declinare della dominazione araba nell'isola, proprio con l'intento di creare una sorta di “cuscinetto” in funzione anti-araba: in questa prospettiva l'aristocrazia normanna favorì l'arrivo di famiglie provenienti dal Monferrato, la cui varietà linguistica, per quanto progressivamente interferita con i dialetti circostanti, viene tutt'ora percepita come vitale e distinta da chi ne ha competenza.

 

Diversamente, la numerosa comunità germanofona presente nella Provincia di Bolzano (dove, con i suoi circa 200.000 parlanti, vive la più consistente realtà “non italo-romanza” della Penisola) rimanda all'assetto geopolitico emerso dalla prima guerra mondiale, che aveva previsto l'annessione all'Italia della provincia austriaca del Sud Tirolo.

Lungo l'arco alpino sono poi presenti altre comunità germanofone (walser in Piemonte, mòcheni in Trentino, cimbri in Veneto, cui si aggiungono comunità originariamente carinziane nelle dolomiti bellunesi), giunte in seguito a migrazioni di manovalanza specializzata legata all'economia del bosco, e avvenute grossomodo in periodo basso-medievale.

 

Particolari “propaggini” di realtà linguistiche contigue possono invece essere considerate le comunità provenzali del Piemonte occidentale, la realtà franco-provenzale della Val d'Aosta e le comunità slovene del Friuli.

 

Un caso tutt'ora discusso di formazione di una vasta realtà “non italoromanza”, è quello che riguarda le comunità grecofone che, in aree della Sicilia, dell'Aspromonte, e, soprattutto, del Salento, hanno come riferimento linguistico il cosiddetto grico: secondo il Rohlfs l'uso di questa varietà (di per sé sconosciuta in territorio ellenico) sarebbe addirittura il residuo di ininterrotti insediamenti a partire dalla costituzione della Magna Grecia.