Alla fine della Seconda guerra mondiale, le difficoltà economiche condivise da tutti i paesi europei, e la perdurante chiusura delle frontiere statunitensi, diressero le migrazioni verso altre destinazioni (vedi Grafico 1): in America Meridionale i paesi privilegiati furono l'Argentina e successivamente il Venezuela, in America Settentrionale il Canada, e l'Australia, che era stata fino ad allora una destinazione del tutto secondaria.
L'Argentina fu il primo paese in cui si diresse l'esodo transoceanico, grazie ad uno dei primi accordi bilaterali, frutto della confluenza di interessi fra un paese bisognoso di manodopera per sostenere una fase di intenso sviluppo industriale e le necessità di ricorrere all'emigrazione dell'Italia. Fra il 1946 e il 1950 giunsero quasi 300 mila italiani, seguiti da oltre 100 mila negli anni successivi. Ma sin dal 1949 la recessione divenne palese: gli arrivi diminuirono progressivamente a partire dal 1957, accompagnati da un numero elevato di rientri, per esaurirsi del tutto alla fine del decennio.
Sempre più promettente apparve invece il Venezuela, grazie all'esplosione della sua economia petrolifera e mineraria, soprattutto dopo gli accordi del 1951 fra il suo governo e il CIME, Comitato intergovernativo per l'emigrazione europea, che divenne operativo l'anno successivo e che fino al 1956 permise l'arrivo di 167.000 italiani, seguiti da altri 5.000 nel 1957. Il Venezuela divenne una meta preferita alla stessa Argentina, tanto che entro il 1960 il numero totale di arrivi toccò le 236.000 unità.
Nonostante risultassero culturalmente più distanti, altri paesi transoceanici attrassero in modo più duraturo l'esodo dall'Italia postbellica grazie alla loro crescita economica sostenuta e a politiche di incoraggiamento dell'immigrazione. Il Canada elaborò fin dal 1947 un programma di immigrazione, privilegiando quella europea, soprattutto dall'area centro-settentrionale, e continuando a limitare quella asiatica. Già nel marzo di quell'anno, funzionari canadesi raggiunsero l'Europa per selezionare i futuri immigrati sotto la supervisione dell'Organizzazione internazionale per i rifugiati. Gli italiani furono il gruppo che approfittò maggiormente di questa possibilità.
L'Australia fu una delle nuove americhe dell'emigrazione italiana di questi anni grazie agli accordi bilaterali del 1951, che favorirono l'ingresso di 20.000 immigrati l'anno in cinque anni. Tra il 1947 e il 1961 oltre 200.000 italiani giunsero in Australia e vi restarono, formando oltre il 20% dell'immigrazione totale del periodo.
In Europa nel primo decennio del dopoguerra, il 48% degli emigranti si diresse in Svizzera e quasi il 30% in Francia. Solo nel decennio successivo riprese l'emigrazione verso la Germania, che assorbì il 26% dell'esodo, ma che assunse fra il 1966 e il 1975 il secondo posto, con il 36%, dopo la Svizzera, che continuò ad attrarre oltre il 47% dell'emigrazione italiana in Europa. Per gli emigranti in Europa del nord partiti dopo il 1960, le percentuali di ritorno si sono mantenute sempre superiori all'80% e dopo il il 1970 hanno superato il 90 e il 100%. Nonostante ciò l'esodo di questi anni ha sedimentato nel tempo cospicue comunità, soprattutto in Belgio, in Svizzera e in Germania.