7.3. Hamburger, omelette, sushi e kebab: parole straniere in cucina

Cucina

La lingua della gastronomia è caratterizzata dalla convivenza di termini locali, che riflettono tradizioni regionali, e termini stranieri, di origine diversa, molti dei quali entrati già da molto tempo nella nostra lingua e conservati fino ad oggi: tra Quattro e Cinquecento, per esempio, arrivano dalla Spagna le parole capirotta ‘specie di zuppa’, mirasto ‘vivanda costituita da un pasticcio di volatili o pollame arrostiti a metà, poi lessati in brodo, con aggiunta di spezie, mandorle, zucchero e succo d’arancia e di limone’ (compresa fra le “minestre” nella cucina rinascimentale) e torrone; nel Cinquecento inizia a circolare il cuscùs di origine araba; dalla Francia del Settecento provengono le voci ragù, bignè, croccante, sciampagna (poi nella forma non adattata champagne).

 

Oggi, la lingua della cucina è molto ricca di forestierismi, che sempre più spesso entrano nella nostra lingua come prestiti non adattati. Ma non tutte le lingue straniere hanno pesato nello stesso modo.

 

L’influsso più importante (sul piano della quantità di parole trasmesse all’italiano e della continuità dei prestiti) è stato quello francese, favorito dalla vicinanza geografica e dal prestigio della cucina francese in Europa. Molti dei francesisimi gastronomici si stabilizzano nei primi decenni del Novecento e si sono conservati nella forma integrale o non adattata: per esempio béchamel, bon bon, brioche, buffet ‘credenza’, e ‘rinfresco’, charlotte, crème caramel, uova à la coque, dessert, entre-côte, frappé, julienne, marrons glacés, omelette, soufflé, oltre naturalmente a menu. Nella seconda metà del Novecento la pressione esercitata dal francese sull’italiano si attenua, registrando qualche termine specialistico, come crudités (1989), [insalata] niçoise (1958), profiterole (1957), quiche (1989), vinaigrette (1989), e naturalmente nouvelle cuisine (1986), da mettere in relazione con la fortuna di questa nuova moda gastronomica.

 

L’importanza e la profondità dell’influsso germanico sono state da sempre profonde. Bisogna però arrivare alle soglie e ai primi anni del Novecento per trovare i primi prestiti crudi: krapfen (1891), würstel (1905), strudel (1905) e i prodotti della gastronomia, in primo luogo.

 

Più recente il contributo dell’inglese e dell’anglo-americano alla lingua italiana della cucina, conseguenza degli effetti del consumismo filo-americano sulla cultura alimentare italiana, e più in generale occidentale, che ha visto ad esempio una diffusione massiccia delle catene dei fast-food (1982): abbiamo così nella nostra lingua quotidiana prestiti integrali come breakfast, brunch (1983), cake e plum cake, chips ‘patatine’ (1989), cornflakes (1965), hamburger (1963), hot dog (1950), ice cream, ketchup (1957), long drink e soft drink (1957, 1986), popcorn (1958), snack (1959), conosciuti da grandi e bambini. I contatti con la cultura anglo-americana hanno favorito il passaggio anche di tecnicismi come cutter, mixer (1970) fra le attrezzature, e di finger-food (2005) ‘cibo preparato in piccole porzioni, in modo da poter essere mangiato con le dita’, modellato su fast-food e simili, che negli ultimi anni ha conosciuto una rapida e notevole diffusione.

 

Tra i prestiti non adattati di altra provenienza, in gran parte entrati di recente nell’italiano, si ricordano la paella spagnola, i taco(s) messicani, il greco tzatziki ‘salsa a base di yoghurt, aglio e cetrioli’. Spostandoci verso il Giappone, si hanno le parole surimi ‘cibo a base di pesce, arricchito di condimenti e conservato freddo’ e sushi ‘pesce freddo crudo, tagliato in piccoli bocconi’, oggi usatissime. Di ingresso recente sono anche il kebab turco ‘spiedo di carne arrostita di montone o di agnello’, e il fala(f)fel ‘polpettina di farina di ceci con prezzemolo e spezie’, divenuti popolari in Italia grazie alle immigrazioni provenienti dal Medio Oriente.

 

Un ultimo sguardo infine alla Cina, da dove viene ad esempio la nota salsa piccante shantung.