Nella scrittura comune disponiamo di sole cinque lettere (a, e, i, o, u) per rappresentare nove fonemi diversi. Di conseguenza, con questa scrittura non si nota la distinzione tra e aperta e chiusa, tra o aperta e chiusa, e non si riconoscono immediatamente le semiconsonanti i e u che sono nei dittonghi.
Per la pronuncia delle e e o esiste in Italia una grandissima difformità fra regione e regione. In verità, sono pochissime le parole di uso comune che si distinguono soltanto per effetto di questa differenza di pronuncia; i casi più frequenti sono:
legge = /ꞌlεddʒe/ dal verbo leggere, e /ꞌleddʒe/ ‘norma’;
pesca = /ꞌpεska/ il frutto, e /ꞌpeska/ dal verbo pescare;
venti = /ꞌvεnti/ ‘correnti d’aria’, e /ꞌventi/ il numero;
botte = /ꞌbɔtte/ ‘percosse’, e /ꞌbotte/ il recipiente per il vino;
volto = /ꞌvɔlto/ dal verbo volgere, e /ꞌvolto/ ‘viso’;
colto = /ꞌkɔlto/ dal verbo cogliere, e /ꞌkolto/ ‘istruito’;
porci = /ꞌpɔrtʃi/ ‘maiali’, e /ꞌportʃi/ dal verbo porre.
Ma si sa che il contesto del discorso aiuta a eliminare le confusioni, sicché l’uso difforme dal modello fiorentino rappresenta, ormai, soltanto una caratteristica regionale (gradevole o fastidiosa secondo... i gusti di chi ascolta!).
Il riconoscimento della e aperta o chiusa è più facile quando tali vocali si trovano in fine di parola. Per tali casi è possibile dare un’indicazione abbastanza facile da ricordare:
- hanno la e finale aperta, da segnare con l’accento grafico grave, soltanto è, cioè, caffè, tè, purè, gilè, ohimè, ahimè;
- in tutti gli altri casi la e finale è chiusa e va segnata con l’accento grafico acuto ( / ): tra questi segnaliamo le congiunzioni composte con che (ché, perché, poiché, benché..), il pronome sé, la negazione né, le forme del passato remoto di alcuni verbi (poté, godé, temé).
Per gli altri casi si possono dare le seguenti indicazioni di massima:
- la e è generalmente aperta nel dittongo iè (viène, piède), nei gerundi in -èndo (vedèndo, leggèndo), nei participi in -ènte (lucènte, ridènte), nelle terminazioni in -èllo (uccèllo, bèllo), in -ènza (presènza, sciènza), nei condizionali (dovrei);
- la e è generalmente chiusa nelle terminazioni in -ménte (negli avverbi: certamente, liberaménte), in -mento (documénto, avvéniménto), nell’infinito in -ére (vedére), nelle desinenze del futuro semplice (andremo), dell’imperfetto indicativo e congiuntivo di 2a coniugazione (leggévo, leggéssi), nei diminutivi in -étto (cassétto, biciclétta, borsétta);
- la o è generalmente aperta nel dittongo uò (buòno, luògo, cuòre), salvo che non si tratti della terminazione -uóso (affettuóso, delittuóso); in tutte le parole tronche (però, andò);
- la o è generalmente chiusa nelle terminazioni in -ónte (mónte), -óso (amoróso, costóso), -zióne (azióne, stazióne).