L’aggettivo (o «nome aggettivo») si definisce in rapporto al nome, come vocabolo che esprime un qualcosa non in quanto autonomo, ma riferito a un referente: un commerciante ricco; la polizia stradale; la mia amica. La funzione dell’aggettivo è dunque quella di aggiungere un concetto che in qualche modo qualifica, specifica o determina la cosa indicata dal nome.
L’aggettivo presenta le seguenti peculiarità morfologiche e sintattiche:
- si unisce direttamente (senza preposizione) al nome e si concorda con esso in numero e in genere;
- può anche essere unito al verbo per formare i complementi predicativi dell’oggetto e del soggetto: anche in questo caso si accorda con il nome a cui si riferisce;
- rimane invece invariato quando, unito a un verbo, ha funzione di avverbio: parlate piano;
- può svolgere funzione di nome, se accompagnato dall’articolo o da un numerale: il rapido, tre rapidi;... (aggettivo sostantivato).
Come il nome, l’aggettivo esprime le categorie grammaticali di genere e numero.
1. Le due classi di aggettivi
Per la formazione del genere e del numero gli aggettivi seguono le stesse norme dei nomi, ma si dividono in due classi: quelli a quattro terminazioni (-o per il masch. sing.; -a per il femm. sing.; -i per il masch. plur.; -e per il femm. plur.) e quelli a due terminazioni (-e per il masch. e femm. sing.; -i per il masch. e femm. plur.). Si veda la seguente tabella:
| SINGOLARE | PLURALE | |
I CLASSE | MASCHILE | -o brav-o | -i brav-i |
FEMMINILE | -a brav-a | -e brav-e | |
II CLASSE | MASCHILE e FEMMINILE | -e dolc-e | -i dolc-i |
2. Particolarità
- gli aggettivi in -ista hanno un’unica forma per il singolare e due forme regolari al plurale (-isti, -iste): sing. m. e f. realista, pl. m. realisti, f. realiste;
- gli aggettivi in -co: se sono piani, al plurale escono in -chi (antico, antichi), ad eccezione di amico, nemico e greco (amici, nemici, greci); se sono sdruccioli, escono in -ci (pràtico, pràtici), ad eccezione di carico e dimentico (càrichi, dimèntichi). Non essendo stata individuata alcuna regola precisa in proposito, si consiglia la consultazione di un buon dizionario che indica l’uso prevalente per ciascuna parola;
- gli aggettivi in -go escono al plurale in -ghi (lungo, lunghi);
- gli aggettivi in -ca e -ga escono al plurale in -che e -ghe (antica, antiche; larga, larghe);
- gli aggettivi in -cia e -gia seguono la stessa regola dei nomi: perdono la -i se è preceduta da doppia consonante (selvaggia, selvagge), la mantengono se è preceduta da consonante semplice (grigia, grigie);
- Esistono anche aggettivi invariabili nel genere e nel numero. Ricordiamo: alcuni aggettivi indicanti colore (amaranto, blu, indaco, lilla, rosa, viola: es. i maglioni rosa, le borse viola) e i composti aggettivo + nome e i composti aggettivo + aggettivo non univerbati (verde bottiglia, grigio scuro, rosso scarlatto: le tende rosa antico); pari (e i derivati dispari, impari: es. lotte impari), dappoco, perbene.
Gli aggettivi composti da due aggettivi univerbati, variano solo nel secondo elemento (giallorosso → i giocatori giallorossi, le bandiere giallorosse);
- gli aggettivi bello, buono, grande e santo hanno le forme tronche bel (bei), buon, gran, san davanti a nomi maschili non inizianti per s- seguita da consonante (bel fiore ma bello spettacolo; bei fiori ma begli spettacoli).
Gli aggettivi si possono raggruppare in due grandi categorie: i qualificativi e i determinativi.
Gli aggettivi qualificativi indicano qualità di vario tipo, che possono riguardare forma e dimensioni (rotondo, quadrato, alto, basso, lungo, largo, sottile, spesso), sapore (dolce, amaro, aspro, acido,...), effetto estetico (bello, brutto, piacevole, carino,...), colore (bianco, blu, rosso,...), età (giovane, adulto, anziano, vecchio,...), condizioni fisiche (secco, vivo, grasso, acerbo,...), tempo (moderno, antico, arcaico,..), ecc.
Svolgono la funzione di aggettivi qualificativi anche i participi passati (appassito, andato, sentito, aperto, coperto,..) e presenti (tremante, accogliente, esaltante, divertente, sorgente,..). Questi ultimi si trasformano spesso in sostantivi (il cantante, la sorgente, lo studente) o possono conservare pieno valore di verbo (l’avente parte = colui che ha parte in una cosa).
Solo gli aggettivi qualificativi sono modificabili per ottenere i «gradi di comparazione» e vari tipi di «alterati». (Anche alcuni tra i determinativi possono avere alcune modificazioni).
1. I gradi dell’aggettivo: comparativo e superlativo
I gradi di comparazione sono le forme che gli aggettivi qualificativi possono assumere per esprimere il grado maggiore o minore della qualità da essi predicata.
Gli aggettivi possono dunque indicare un grado di base, detto positivo (bravo), un grado maggiore o minore, detto comparativo (più bravo; meno bravo), e un grado massimo, detto superlativo (il più bravo o bravissimo).
Il comparativo
II grado comparativo può essere di tre tipi:
- comparativo di maggioranza, che indica un rapporto di superiorità fra due termini (Luigi è più bravo di Andrea);
- comparativo di minoranza, che indica un rapporto di inferiorità (Andrea è meno bravo di Luigi);
- comparativo di uguaglianza, che mette due termini sullo stesso piano (Franco è tanto bravo quanto Carlo).
Il superlativo
Il superlativo è di due tipi:
- superlativo relativo: introduce un termine di paragone e cioè afferma che una persona o cosa è la più brava, la più bella, ecc. relativamente ad altre a cui la paragoniamo (Stefano è il più bravo della classe; Bertoldo è il meno bravo tra tutti);
- superlativo assoluto indica una qualità a un grado molto elevato, ma senza stabilire precisi paragoni, cioè in senso generale e in assoluto (Laura è bravissima).
Anche gli aggettivi di quantità, che abbiamo associato a quelli di qualità, possono avere il superlativo assoluto (molto-moltissimo; poco-pochissimo; ecc.).
Il superlativo assoluto si può esprimere, oltre che con l’aggiunta del morfema-desinenza -issimo, in vari altri modi: premettendo all’aggettivo di grado positivo avverbi come molto, assai, estremamente, ecc. (molto bravo, assai bravo, estremamente bravo); attraverso prefissi (arci-bravo, ultra-bravo, super-bravo, ecc.); talvolta ripetendo l’aggettivo al grado positivo (bravo bravo).
Particolarità
Alcuni aggettivi formano il superlativo rifacendosi alle forme latine corrispondenti (es.: acre, acerrimo; celebre, celeberrimo; benefico, beneficentissimo; benevolo, benevolentissimo; ecc.).
Esistono poi alcuni aggettivi, privi del grado positivo, che hanno solo la forma del comparativo e del superlativo, derivanti dal latino:
superiore / supremo o sommo; inferiore / infimo; esteriore / estremo; interiore / intimo; ulteriore / ultimo; posteriore / postremo.
Anteriore è solo comparativo.
Infine, alcuni aggettivi hanno, accanto alle forme normali del comparativo e del superlativo, altre forme dette organiche e anch’esse di derivazione latina:
buono / migliore / ottimo; cattivo / peggiore / pessimo; grande / maggiore / massimo; piccolo / minore / minimo.
2. Gli alterati
Gli aggettivi qualificativi, come i nomi, possono essere «alterati» mediante suffissi e diventare così diminutivi e vezzeggiativi, quelli in -ino, -etto, -ello, -uccio (poverino, poveretto, poverello, pochino, caruccio); accrescitivi, in -one (cattivone); peggiorativi, in -accio (poveraccio); attenuativi, in -iccio, -astro, -igno (rossiccio, rossastro, ferrigno).
Gli aggettivi determinativi (detti anche «indicativi») sono chiamati così perché servono a determinare aspetti più precisi di una persona o cosa e cioè la sua relazione con qualcosa, la proprietà, il possesso, la posizione nel tempo e nello spazio, l’identificazione, il numero, ecc. La caratteristica di tutti gli aggettivi di questo gruppo è di non poter essere fatti comparativi o superlativi (non si può dire, se non per esagerare, più mio, o miissimo), né alterati. Alcuni sono variabili di genere e numero e seguono il modello di bravo. Si dividono in:
1. relazionali: molti aggettivi sono stati ricavati da nomi mediante suffissi: -ale
(natura → naturale; posta → postale), -are (luna → lunare), -ario (ferrovia → ferrovia-rio), -ano (Italia → italiano; Africa → africano);
2. possessivi: mio, tuo, suo, nostro, vostro, proprio, con le rispettive forme femminili e plurali (come bravo), e loro e altrui, invariabili (ad es.: la mia bicicletta, i tuoi cani, la nostra scuola, la loro casa);
3. dimostrativi: mostrano la posizione della cosa indicata rispetto a chi parla o a chi ascolta: questo, -a, -i, -e (ad es.: questo libro, vicino a chi parla); quello, -a, -i, -e (lontano da chi parla e da chi ascolta). Per indicare una cosa vicina soltanto a chi ascolta c’è la forma codesto, usata quasi unicamente per iscritto (è molto utile nelle lettere e nelle domande inviate a uffici, ecc., per specificare se ci si riferisce a una cosa vicina a chi riceve e non a chi scrive). Ma nell’uso parlato codesto è comune soltanto in Toscana; nell’uso più generico si ricorre a questo o a quello o si aggiungono altre indicazioni;
4. identificativi: identificano esattamente la persona o cosa: stesso, medesimo (ad es. la stessa casa, il medesimo vestito);
5. indefiniti: danno una indicazione indefinita di qualità e di quantità: alcuno, taluno, nessuno, ciascuno, altro, certuno, certo, tale, molto, poco, tanto, ecc. sono variabili (ad es. alcuni nemici, nessuna difficoltà, ecc.); qualunque, qualsiasi, qualsivoglia, qualche, ogni sono invariabili e si accompagnano solo al nome singolare (ad es. qualche ragazzo, qualche ragazza, ogni anno);
6. interrogativi ed esclamativi: indicano una qualità e una quantità in forma di domanda o di esclamazione: che, quale, quanto (ad es.: Che classe?; Quale sorpresa!; Quante persone?);
7. numerali: tutti i numeri sono aggettivi e si distinguono in cardinali (uno, due, tre, quattro, ecc., invariabili, tranne uno), ordinali (primo, secondo, terzo, ecc., variabili per numero e per genere; ad es.: capitolo ottavo, decima lezione) e moltiplicativi, anch’essi variabili: doppio, triplo, quadruplo, ecc. (ad es. doppia razione).
Alcuni aggettivi determinativi possono essere usati anche da soli, ossia come pronomi. Ad es. Volevo comprare una camicia, ma quelle che mi hanno fatto vedere non mi piacevano.
Hanno funzione di aggettivi determinativi anche alcuni composti avverbiali come dappoco, dabbene, perbene (un uomo dappoco, un uomo perbene) odi altro genere, come antifurto, antinebbia.
1. L’accordo nome-aggettivo
L’aggettivo concorda in genere e numero con il nome a cui si riferisce: un caro ragazzo / una cara ragazza / dei cari ragazzi / delle care ragazze. Se l’aggettivo si riferisce a più nomi dello stesso genere, concorda con essi in relazione al genere, ma si presenta al numero plurale: una disponibilità e una cortesia straordinarie. Se i nomi sono di genere diverso, l’aggettivo sarà sempre al numero plurale e assumerà il genere maschile: un uomo e una donna gentilissimi. Per ragioni di vicinanza sintattica è possibile avere anche il femminile, purché il nome femminile sia al plurale e indichi un referente inanimato: i minerali e le pietre preziose. L’aggettivo resta al singolare solo in certi nomi di insegnamenti universitari: lingua e letteratura francese.
2. La posizione dell’aggettivo
L’aggettivo qualificativo si colloca vicino al nome a cui si riferisce, prima o dopo di esso: una bella ragazza, la matita verde. La posizione non marcata è tuttavia quella dopo il nome, in quanto l’aggettivo qualificativo anteposto conferisce una sfumatura di soggettività: gli alti alberi (soggettivo), gli alberi alti (oggettivo). Inoltre, se precedono o seguono il nome, gli aggettivi possono avere funzione descrittiva (i vecchi gradini hanno ceduto) o restrittiva (i gradini vecchi hanno ceduto, cioè “solo quelli vecchi”).
L’aggettivo possessivo può collocarsi prima o dopo il nome: la mia amica / l’amica mia. La posposizione al nome è tuttavia marcata: è colpa tua! L’aggettivo possessivo è poi posposto in formule cristallizzate: ragazzo mio, cari miei (ma anche: miei cari), i fatti tuoi, gli affari vostri ecc.
Gli aggettivi numerali cardinali precedono il nome a cui si riferiscono: due penne. Nell’uso burocratico e matematico-commerciale possono seguirlo: i danni ammontano a Euro 5000, il treno delle ore 18. I numerali ordinali sono spesso anteposti al nome (il mio primo amore), ma posposti nei nomi di papi o di re (Benedetto XVI, Umberto I), oppure nei riferimenti a capitoli, canti, atti, scene ecc. dei testi letterari: il canto sesto del Paradiso.
3. Funzione attributiva e predicativa
Gli aggettivi, all’interno della frase, possono svolgere due funzioni: attributiva o predicativa:
- l’aggettivo ha funzione attributiva quando attribuisce al nome una caratteristica generica, non necessaria alla determinazione del referente, la quale, il più delle volte, rappresenta un giudizio personale del parlante. In genere l’aggettivo attributivo precede il nome a cui si riferisce.
Hanno funzione attributiva solo gli aggettivi qualificativi anteposti al nome a cui si riferiscono: Le frequenti piogge hanno allagato la città.
Questi aggettivi costituiscono dei circostanti accessori;
- l’aggettivo ha invece funzione predicativa quando esprime una peculiarità specifica, precisa, che serve a distinguere il referente da altri elementi simili. In questo caso l’aggettivo è necessario per determinare il nome a cui si riferisce e non può, assolutamente, essere omesso, pena la mancanza del senso completo della frase.
Hanno funzione predicativa tutti gli aggettivi determinativi (la mia amica; questo libro) e relazionali (la guardia costiera), nonché gli aggettivi qualificativi posposti al nome a cui si riferiscono (le persone educate ringraziano sempre).
Questi aggettivi costituiscono nella frase dei circostanti necessari.