Particolarità che riguardano il numero

Morfologia

1.  Nomi invariabili al plurale

Sono invariabili al plurale:

- molti nomi maschili in -a (esclusi ovviamente quelli di seconda classe: problema, telegramma, poeta, papa, collega e qualche altro): il vaglia i vaglia; il gorilla / i gorilla; ecc.;

- i nomi che terminano in vocale accentata e in -i: la città / le città; la virtù / le virtù; ecc.; la crisi / le crisi;

- i nomi stranieri ormai entrati nell’uso comune: il bar / i bar; il film / i film; lo sport / gli sport; il tram / i tram; lo sponsor / gli sponsor; ecc.;

- il nome euro.

- i nomi monosillabi: il re / i re; la gru / le gru;

- i nomi abbreviati: la radio le radio; la moto le moto; l’auto / le auto;

- alcuni nomi in -ie: la specie le specie; la serie le serie.

 

2. Nomi difettivi

Sono quei nomi che «difettano», cioè mancano del singolare o del plurale:

- mancano del singolare i nomi che indicano oggetti composti di più pezzi: le tenaglie, le forbici, gli occhiali, ecc. (ma in senso figurato si usano anche al singolare: si dice manovra a tenaglia; andamento a forbice; ecc.) e alcuni derivati da un plurale latino come le nozze, le tenebre;

- mancano del plurale i nomi di alcune festività religiose: la Pasqua, la Penteco­ste; i nomi di materia non numerabile (vedi qui).

 

3.  Nomi che hanno al plurale doppie forme o cambiano genere

Vari nomi maschili in -o hanno due forme di plurale: una regolare in -i (maschile) e una in -a (femminile). Le due forme possono avere significato diverso. Nella tabella si indicano i casi più frequenti:

 

SINGOLARE

PLURALE in -i

PLURALE in -a

braccio

 

ciglio

 

cuoio

 

filo

 

gesto

 

grido

 

labbro

 

membro

 

muro

 

osso

 

 

urlo

i bracci (della croce o di mare)

 

i cigli (‘margini’)

 

i cuoi (gli oggetti in cuoio)

 

i fili (in senso proprio)

 

i gesti (movimenti, cenni)

 

i gridi (degli animali)

 

i labbri (di una ferita)

 

i membri (‘componenti’)

 

i muri (della casa)

 

gli ossi (di animali, considerati come cibo)

 

gli urli (di animali)

le braccia (dell’uomo)

 

le ciglia (dell’occhio)

 

le cuoia (la pelle umana)

 

le fila (in senso metaforico)

 

le gesta (imprese)

 

le grida (dell’uomo)

 

le labbra (della bocca)

 

le membra (del corpo)

 

le mura (di cinta di una città)

 

le ossa (del corpo umano o di animali, in senso collettivo)

 

le urla (di persone)

     


 

Alcuni nomi maschili hanno conservato solo il plurale in -a: il dito / le dita; il centi­naio / le centinaia; il migliaio / le migliaia; il paio / le paia; l’uovo / le uova; ecc. Nella forma del diminutivo questi nomi hanno il plurale in -i (i ditini, gli ovetti, i gridolini) e solo qualcuno anche il plurale femminile (le bracane).

 

4. Particolarità

Ala e arma fanno al plurale ali e armi, moglie fa mogli; uomo, dio, bue, oltre alla desinenza modificano anche la radice: uomini, dei, buoi.

 

5. Nomi composti e conglomerati

Sono quei nomi che risultano dall’unione di due o più parole diverse. Essi formano il plurale secon­do regole diverse, e cioè:

- se sono formati da un nome seguito da un aggettivo, quasi sempre ambedue i componenti diventano plurali: la cassaforte / le casseforti; la roccaforte / le roccheforti; il caposaldo / i capisaldi; la terracotta / le terrecotte. Se l’aggettivo precede, si possono avere soluzioni diverse: l’altoforno / gli altiforni; il bassofondo / i bassifondi; l’altopiano / gli altipiani o anche gli altopiani; il bassorilievo / i bassorilievi; il francobollo / i francobolli;

- se sono formati da due nomi che si considerano ormai fusi in uno solo, di soli­to diventa plurale solo il secondo o lo diventano tutt’e due: il pescecane / i pescicani o i pescecani; il pomodoro / i pomodori o i pomidori;

- nei nomi composti formati da due nomi che si considerano però ancora sepa­rati, diventa plurale solo il primo: il divano letto / i divani letto; il cane lupo / i cani lupo; il buono benzina / i buoni benzina;

- i nomi composti che nella prima parte hanno una forma verbale, restano inva­riati se il nome interno è femminile: il posacenere / i posacenere; lo spazzaneve / gli spaz­zaneve; diventano plurali se il nome interno è maschile: il portafoglio / i portafogli; lo spazzacamino j gli spazzacamini;

- i conglomerati restano invariati: un non-ti-scordar-di-me / i non-ti-scordar-di-me; un tirami-su / i tirami-su.

 

6. Nomi in -ca e -ga, nomi in -co e -go

I nomi che terminano in -ca e -ga hanno il plurale in -che e ghe (se femm.): l’amica / le amiche; o in -chi e -ghi (se masch.): il patriarca / i patriarchi; dei nomi in -co e -go, alcuni hanno il plurale in -chi e -ghi ) (bruco / bruchi; lago / laghi), alcuni lo hanno in -ci e -gi (medico / medici; psicologo / psicologi). Non essendo stata individuata alcuna regola in proposito, è solo possibile, nel dubbio, ricorrere a un buon dizionario che indica l’uso prevalente per ciascuna parola.

 

7. Nomi in -cia e -gia

Nomi in -cia e -gia: conservano sempre la i quando questa è tònica, cioè se vi si appoggia l’accento (farmacia / farmacie; magia / magie); quando sulla i non cade l’ac­cento (i àtona) la pronuncia normale a voce non fa sentire la i, ma nella grafia le cose stanno diversamente. Una regola pratica da seguire è questa: la i non si scrive quando la sillaba finale è preceduta da consonante (la caccia / le cacce; la provincia / le province); si con­serva negli altri casi fiducia / fiducie; camicia / camicie; valigia / valigie).