Modi indefiniti

Morfologia

I modi indefiniti non hanno forme per le diverse persone e sono perciò più vicini ai nomi e agli aggettivi: si chiamano anche forme nominali del verbo.

 

1. Modo infinito

L’infinito è la forma verbale che esprime il puro significato del verbo, senza rife­rimento a persona: amare, temere, sentire, cantare, studiare, correre, divertirsi (infinito pronominale).

Come verbo, si usa raramente da solo, cioè in frasi principali (in frasi come Noi a insistere e lui a negare), mentre ricorre spessissimo affiancato dai vari verbi «accom­pagnatori», e cioè servili e simili (Non posso uscire; Vorrei disegnare; Fammi vedere; vedi qui) e nelle frasi dipendenti di tipo implicito (Apro la porta per chiamare mia sorella; Prima di andare a letto mi preparo la cartella).

L’infinito può esprimere anche un comando: Agitare bene prima dell’uso; Non sporgersi dal finestrino (imperativo negativo); oppure desiderio o augurio: Ritornare ancora una volta!

Si usa spesso come nome, specialmente accompagnato dall’articolo (in­finito sostantivato, usato come soggetto, complemento oggetto o altro complemento: il “vivere inimitabile” di Gabriele D’Annunzio.

L’infinito ha due tempi:

1) Presente: amare

2) Passato: avere amato.

 

2. Modo participio

È chiamato così perché «partecipa» delle qualità del verbo e di quelle dei nomi e degli aggettivi. È, in sostanza, un aggettivo che esprime un’azione o una condizione che riguarda la persona o cosa indicata da un nome.

Il participio ha due tempi:

1) Presente: amante

2) Passato: amato.

 

Il presente ha sempre valore attivo. Il passato ha valore passivo nei verbi transiti­vi (amato ‘colui che è amato’), attivo negli intransitivi (andato).

Il participio presente si usa molto poco (solo nei linguaggi specialistici) come vera forma verbale con un suo oggetto diretto o indiretto (un quadro rappresentante una scena di guerra; un pilastro insistente sull’arco), e moltissimo, invece, come aggettivo o come nome (alla pari degli aggettivi sostantivati: un’attrice affascinante; i partecipanti alla guerra).

Il participio passato si usa: per formare i tempi composti (ho amato; è partito) e le forme passive (è amato; sono temuto;..) dei verbi; come aggettivo (l’anno passato; l’albero fiorito; il binario morto); come nome (il passato; la spremuta; la richiesta).

Concordanza del participio passato: con i verbi che vogliono l’ausiliare essere o passivi il participio passato concorda con il soggetto (Paolo è ferito; Maria è uscita); quando in una frase l’oggetto è espresso con un pronome clitico, l’accordo è obbligatorio: Paola e Maria le ho viste ieri; i biglietti li ha comprati Carlo. Con il pronome relativo e i pronomi personali l’accordo può esserci, ma la tendenza odierna è all’uso del participio invariato (la ragazza che ho visto; grazie per averci seguito).

Con il si impersonale non c’è concordanza (desinenza -o): si è mangiato, si è dormi­to. Con il si passivante il participio passato concorda con il soggetto (Mia sorella si è laureata; Gli studenti sì sono ribellati).

 

3. Modo gerundio

È un modo che esprime un’azione o una condizione collegandola a un’altra che è la principale e stabilendo con questa un rapporto di tempo, di causa, di modo, ecc. (L’uso del gerundio è spiegato a proposito delle frasi dipendenti di tipo implicito, nei vari paragrafi).

Il gerundio ha due tempi:

1) Presente: amando

2) Passato: avendo amato.