Nuovi linguaggi rivelano il nascere della civiltà italiana. Fulgore e funzione unificatrice di Firenze

Storia linguistica d'Italia
Immagine inserita da Giovanni Cordoni

Per l'azione dei poteri esterni alleati con il papato, in Italia non ebbe successo l'impresa dei Longobardi, di creare un regno unitario paragonabile a quello dei Franchi (premessa della futura Francia), e non vi fu quindi, fin dall'inizio, l'appoggio di una dinastia nazionale al formarsi di una nuova lingua. Presto frazionata politicamente, l'Italia trovò un fattore di coesione nelle tradizioni culturali che si riallacciavano alla memoria di Roma; solo così si avviò nello spazio italiano il processo di formazione delle lingue volgari scritte, che però fu più lento e più debole che altrove. I nostri primi documenti di volgare scritto, apparsi nei secoli IX e X, riguardavano atti della vita quotidiana e pratica e furono seguiti, nell'XI e nel XII secolo, da brevi componimenti poetici, testi religiosi, brani di atti notarili, conti di mercanti, testimonianze di una vitalità diffusa ma anche della frantumazione linguistica che ormai caratterizzava il territorio italiano.

Il primo tentativo di una lingua che si elevasse al di sopra dei molteplici usi regionali si ebbe in Italia con la nascita, intorno al 1225, della Scuola poetica siciliana, promossa dall'imperatore Federico II di Svevia.

 

Ben più robusta fu, però, la tradizione di lingua scritta che maturò, con sorprendente rapidità, in seno alla società borghese e mercantile di Firenze alla fine del Duecento e nel corso del Trecento. Base di questa lingua era l'idioma parlato della città, ma vi confluirono l'eredità siciliana e altre tradizioni culturali, come quelle dello Studio di Bologna, e soprattutto le dettero straordinario impulso e respiro le opere dei tre grandi scrittori fiorentini Dante (le cui rime giovanili e la Vita Nuova si datano entro la fine del '200; la Commedia che si colloca tra il 1307 e la morte), Petrarca e Boccaccio. Nella stessa Toscana si formava allora anche un nuovo linguaggio d'arte, con le creazioni di artisti come Nicola Pisano (venuto dall'ambiente svevo dell'Italia meridionale), Arnolfo di Cambio, Cimabue, Giotto, Simone Martini.

Il fascino di tante opere di letteratura e d'arte, unito alla forte espansione del potere economico della società in cui esse erano sbocciate, produsse l'effetto che non si era avuto ad opera di un potere politico. La nuova tradizione linguistica, letteraria e artistica fiorentina, espressione di una cultura dotata di un prestigio senza confronto nelle altre tradizioni regionali, venne accolta prontamente in tutta l'Italia e cominciò ad avere séguito anche fuori di essa. Alla fine del Trecento aveva dunque acquistato corpo e un proprio nome la civiltà "italiana".

Non dicere ille secrita a bboce
Arnolfo di Cambio
Federico II di Svevia
Ritratto di Dante - Cappella della Maddalena
Cimabue
Raffigurazione di Boccaccio - Manoscritto del XV secolo
Firenze nell'affresco "La Madonna della Misericordia", 1342
Giacomo da Lentini, il Notaro
Simone Martini e Lippo Memmi, "Annunciazione", 1333
Ritratto di Petrarca - Manoscritto del XV secolo
Nicola Pisano